Il club degli snob non abbassa le tasse

Nonostante il calo dello spread, il ministro Grilli tira dritto: "C’è ancora da fare". Banchieri e manager sono con lui

Il club degli snob non abbassa le tasse

nostro inviato a Cernobbio (Como)

Dice Gianni Zonin, presidente della Banca Popolare di Vicenza (ma in questo caso soprattutto produttore vinicolo, alle prese con la vendemmia), che questo esecutivo deve fare qualcosa sul lato tasse. Lo dice a Cernobbio, proprio subito dopo aver ascoltato il dibattito a porte chiuse pieno di ministri che si svolge in questo weekend al Workshop Ambrosetti. Invece niente. Dalle parole del ministro dell'Economia Vittorio Grilli si capisce che non c'è nessuna intenzione di andare in quella direzione. E dello stesso parere è la maggioranza del parterre di banchieri, professori e manager di Villa d'Este, soprattutto gli stranieri. Che, con l'alibi di chiederci il risanamento economico, si preparano a tenere il nostro Paese sotto scacco.
Le mosse della Bce, con lo spread precipitato di 200 punti rispetto a due mesi fa, non porteranno ad alcun allentamento della pressione fiscale. Grilli non è esplicito, ma il ragionamento che fa implica questa conclusione. «Sicuramente i risultati li stiamo ottenendo, ma non possiamo ancora ritenerci soddisfatti», ha detto Grilli. Che ha aggiunto: «Siamo sulla buona strada, ma c'è ancora da fare, le difficoltà sono evidenti a tutti», ha aggiunto parlando a margine del workshop. Per superare la crisi servono, contemporaneamente, una sforzo individuale e quello collettivo. E sta nella parte «individuale» il nocciolo della questione, essendo evidente che è in quella sfera che alloggiano i sacrifici dei cittadini.
Grilli poi lo spiega meglio, e non ci sono più dubbi sul percorso di rigore che questo governo intende continuare a seguire. La ricetta della Bce, che il ministro dell'Economia condivide in pieno è fatta «di due strade che sono tra loro interdipendenti: da un lato la continuazione da parte dei Paesi delle proprie agende di riforma che sono assolutamente necessarie. Dall'altro uno sforzo collettivo anche attraverso le misure che la Bce ha deciso e prenderà per la stabilizzazione dei mercati». Va dunque da sé che appoggiare queste scelte di politica monetaria europea significa annullare ogni spazio di manovra per la leva fiscale. Anzi: andrà ancora bene se si riuscirà a evitare il passaggio dal 21 al 23% dell'Iva: «Vorremmo evitare l'aumento dell'Iva - ha detto Grilli -. Sappiamo che ci vogliono oltre 6 miliardi di euro però ci stiamo lavorando». Ma c'è di più.
La mossa di Draghi di dotare la Bce di armi non convenzionali (gli acquisti illimitati), come sta emergendo via via con chiarezza, non si può attivare con una telefonata. Ma avviene solo attraverso la richiesta di aiuti ufficiali che implica quella sorta di commissariamento che fino a oggi era stato evitato. Non a caso, ieri, Grilli ha ribadito che l'Italia non intende per ora accedere al meccanismo antispread messo in campo dalla Bce. «Lo abbiamo già detto tante volte, in questo momento riteniamo di non aver assolutamente bisogno» del programma antispread. Un'eventualità da esorcizzare perché farebbe scattare l'intervento del Fondo europeo Salva Stati (Esm), scatenando una reazione a catena che prevede non solo l'intervento della Troika, ma addirittura – in ultima istanza - la pronuncia del parlamento tedesco. Lo prevede la normativa vigente a Berlino, secondo la quale qualsiasi aiuto europeo a Stati membri, a cui la Germania naturalmente partecipa, prevede un voto di approvazione da parte della competente Commissione parlamentare del Bundestag.


In altri termini, qualsiasi provvedimento nazionale, tipo appunto una manovra espansiva di alleggerimento della pressione fiscale, andrebbe addirittura concordata altrove e quasi sicuramente bocciata: farebbe schizzare lo spread, implicherebbe la richiesta di aiuti che verrebbe concessa solo a condizione di rispettare nuove e più stringenti misure di risanamento. Fine della storia. Siamo in un cul de sac in cui l'Italia rischia di doversi rassegnare a essere debole e a sovranità limitata. Con piena soddisfazione degli Stati forti dell'unione. Germania in primis.

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