La Convenzione nasce morta: subito stoppata la bicamerale

La Convenzione nasce morta: subito stoppata la bicamerale

RomaIl Cavaliere affossa la Convenzione: «È una perdita di tempo», dice a Mattino Cinque. Berlusconi azzera in colpo solo tutte le polemiche relative alla presidenza della bicamerale che avrebbe dovuto riscrivere la Costituzione. Per settimane il suo nome è stato legato al vertice dell'organismo bipartisan: il centrodestra avrebbe visto bene Berlusconi alla guida della Convenzione; la sinistra ha cominciato a sgorgare astio alla sola ipotesi. Troppi mal di pancia a legittimare in qualche modo il nemico storico. Così, è lo stesso Cavaliere a tagliare la testa al toro: «Le riforme sono urgenti e vanno assolutamente fatte per rendere governabile il Paese. Ma la Convenzione rischia solo di allungare i tempi del cambiamento, mentre si può intervenire più celermente lavorando direttamente in Parlamento come prevede l'articolo 138 della Costituzione. Due voti, se non si vuole che ci possa essere un referendum, con una maggioranza di almeno due terzi, in modo tale da arrivare ad un cambiamento vero».
Frena la sua corsa e minimizza le ambizioni a ricoprire l'incarico di capo della bicamerale: «Ho visto tutte le critiche mosse alla mia persona sull'eventualità della mia presidenza. Quando ne parlai? Scherzavo, era soltanto una battuta detta ai cronisti mentre entravo in Senato il giorno della fiducia al governo. Mi chiesero se mi vedevo bene a guidare l'organismo e risposi “certo che sì perché sono il migliore”». Quindi ripercorre la genesi dell'idea della Convenzione: «È nata come proposta dell'onorevole Bersani e confermata dal rapporto dei cosiddetti dieci saggi. E infine l'attuale presidente del Consiglio Enrico Letta l'ha esposta nel suo discorso in Parlamento».
Insomma, la Convenzione per le riforme pare morta prima di nascere. Cosa che non sorprende il neo ministro per le Riforme, Gaetano Quagliariello. Il quale, intervistato da Maurizio Belpietro a La Telefonata, non si scompone: «Non possono esserci veti sui nomi espressi dal Pdl né tantomeno su Berlusconi - avverte - la Convenzione è solo uno strumento e serve a tre cose: cercare di fare le riforme prima, metterle al riparo da tensioni quotidiane, portare questo clima fuori dal palazzo cercando l'appoggio di tutti. Non ho alcuna preclusione a prendere anche altre strade, ma bisogna finirla con le polemiche e dare ai cittadini la certezza che questa volta si fa sul serio». Le «altre strade» di cui parla Quagliariello sono l'articolo 138 della Costituzione.
La posizione di Berlusconi, quindi, pare sovrapporsi paradossalmente a quella di Stefano Rodotà, faro dei grillini. Il quale è sempre stato durissimo sulla Convenzione: «È un cattivo servizio alla politica costituzionale - ha detto il giurista -, esattamente all'opposto di quello che si dovrebbe fare: rimettere al centro dell'attenzione il Parlamento». E ancora: «Non è vero che il Parlamento non è in grado di fare riforme costituzionale. Ha già riformato il Titolo V della Costituzione, l'articolo 81, e il processo penale».
Neppure nel Pd ci si strappa le vesti qualora la Convenzione non parta.

Francesco Sanna, della commissione Affari costituzionali, ammette: «Se tutte le forze politiche preferissero un altro strumento e insieme ribadissero un forte impegno per le riforme, dovremmo essere aperti ad altre soluzioni. Abbiamo avuto nella storia tante bicamerali che non hanno portato da nessuna parte e mai una Convenzione».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica