Stessi nomi, stesse coop, stessi affari. Appalti assegnati - secondo l'informativa dei carabinieri - per «ottenere finanziamenti illeciti al partito»: Ds prima e Pd poi. C'è un «Expo-bis» alle cime di rapa le cui radici affondano nella rossa terra di Puglia, ben strette intorno ai gangli del potere targato coop e centrosinistra.
Dalle carte dell'inchiesta «Mercadet» della procura di Brindisi salta fuori, per dire, il bersaniano presidente di Manutencoop Claudio Levorato, fresco indagato a Milano e coinvolto da anni nell'indagine salentina, tanto che solo un «no» del gip ne ha impedito l'arresto a novembre scorso.
L'8 maggio scorso anche il capo del colosso delle coop rosse, però, ha ricevuto da Brindisi l'avviso di conclusione indagini insieme a una cinquantina di persone degli oltre 130 indagati originari. Chi si è salvato? I politici, tanti, coinvolti nell'inchiesta. Avviata nell'ormai lontano 2007 e trascinata con tempi salvacasta, fino a lasciar prescrivere i reati per cui erano stati indagati. Se l'inchiesta fosse stata più spedita, tra l'altro, il sistema della malasanità pugliese sarebbe stato scoperchiato molto prima. Già dal 2007, per dirne una, Brindisi indagava sull'ex assessore regionale alla Sanità, poi senatore del Pd, Alberto Tedesco, e sul suo «avversario in affari» della sanità Giampi Tarantini. Tedesco fu costretto alle dimissioni solo due anni più tardi, quando fu Bari a indagare su di lui.
Tornando al rossissimo filo che lega Milano a Brindisi, la Manutencoop di Levorato era apparsa nel fascicolo già dall'alba dell'inchiesta. Si era aggiudicata l'appalto in «global service» della Asl di Brindisi - un bando da 40 milioni di euro - prima dell'inizio delle indagini eppure, annotavano i carabinieri del Nas, «è emerso un connubio tra gli esponenti politici, gli amministratori della ASL e la Società che lasciava intendere, senza ombra di dubbio, che a monte ci fosse un accordo corruttivo». La cui contropartita, prosegue il Nas, consisteva nelle «continue richieste di assunzione di personale» e nell'«affidamento di sub appalti a ditte molto vicine ai politici e alla dirigenza della Asl».
Tant'è che, insieme a Levorato, tra i personaggi «coinvolti nella vicenda» - e salvati dalla prescrizione - ci sono l'attuale capogruppo del Pd in regione Puglia, Pino Romano, e l'ex vicepresidente del consiglio regionale Carmine Dipietrangelo, associati tra loro e con altri, secondo il Nas, «al fine di commettere delitti di turbativa d'asta, abusi d'ufficio, falsi in atto pubblico, corruzione e rivelazione di segreto di ufficio». Tutto per assicurare alla Manutencoop l'aggiudicazione di appalti «tagliati su misura» per l'azienda di Levorato. Quest'ultimo, in cambio del flusso di informazioni (illecite) sui bandi, ricambiava con «vantaggi di natura patrimoniale o comunque economicamente valutabili (denaro, viaggi, assunzione di manodopera e simili)».
Un sodalizio così rodato che «la dirigenza della Asl tenta invano di far vincere alla Manutencoop» anche l'appalto per le pulizie negli ospedali «Perrino» e «Di Summa» di Brindisi, che valevano 3 milioni l'anno. Manutencoop arriva terza, la cricca riesce a escludere una delle ditte che l'avevano preceduta per offerta anomala e prova di tutto per fare lo stesso con la società di Bolzano che si aggiudica il bando. Ma fallisce. Questo non impedirà di chiedere alla ditta bolzanina le assunzioni «politiche» di rito, per le quali - spiega il piddino Romano a un dirigente dell'Asl - la ditta si sarebbe dovuta rivolgere a lui stesso e al compagno di partito (e consigliere regionale) Vincenzo Cappellini: «Alla Markas gli devi dire Cappellini e il Romano ...va bene?».
Fuori dall'inchiesta, ma citati nelle intercettazioni, anche nomi eccellenti del Pd nazionale. In un'intercettazione ambientale il direttore amministrativo della Asl di Brindisi Alfredo Rampino chiede a un imprenditore un'assunzione per conto di un politico. A margine, l'imprenditore racconta «come ha fatto a vincere la gara di Brindisi anni prima, e cioè per il tramite di De Santis Roberto, uomo di fiducia di Massimo D'Alema in Puglia che lo indirizzò verso Dipietrangelo». Rampino, nell'occasione, snocciola qualche nome: «Allora c'è.
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