RomaSedici anni dopo, i partiti si svegliano da un bel sogno. O è la Corte dei conti a svegliarsi, con una sentenza che potrebbe rivoluzionare il rapporto tra Stati e istituzioni politiche, per la gioia di Grillo. Il Procuratore del Lazio della Corte dei Conti, Raffaele De Dominicis, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale di tutte le leggi, a partire dal 1997, che hanno reintrodotto il finanziamento pubblico dei partiti. Tutti i dispositivi di legge avrebbe infatti agito contro la volontà popolare, in difformità con quanto proclamato dai cittadini con il referendum dell'aprile 1993, che bocciò il finanziamento pubblico.
La questione di legittimità è stata posta nell'ambito dell'indagine istruttoria aperta dalla magistratura contabile nei confronti dell'ex tesoriere della Margherita, Luigi Lusi: sempre lui, l'uomo che mandò al manicomio i Dl, sotto processo anche penalmente per illecite sottrazioni di denaro pubblico.
De Dominicis ricorda che in occasione del lontano referendum, esattamente venti anni fa, il corpo elettorale «fornì una risposta decisamente negativa in relazione alla persistenza delle erogazioni di contributi statali a beneficio dei partiti politici e dei movimenti e/o gruppi ad essi collegati». La questione di legittimità è quindi sollevata perché le disposizioni posteriori «sono da ritenersi apertamente elusive e manipolative del risultato referendario, e quindi materialmente ripristinatorie di norme abrogate».
Per la Corte dei Conti, quindi, «tutte le disposizioni impugnate, a partire dal 1997 e, via via riprodotte nel 1999, nel 2002, nel 2006 e per ultimo nel 2012, hanno ripristinato i privilegi abrogati col referendum del 1993, facendo ricorso ad artifici semantici, come il rimborso al posto del contributo». La formula trovata per il foraggiamento statale dei partiti fu infatti quella del rimborso elettorale. Oppure, ricordano i giudici contabili, gli sgravi fiscali «al posto di autentici donativi». In questo modo è stata alimentata «la sfiducia del cittadino e l'ondata disgregante dell'antipolitica».
Dalla normativa contestata, poi, deriva per il procuratore De Dominicis «la violazione del principio di parità e di eguaglianza tra i partiti e dei cittadini che, per mezzo dei partiti stessi, intendono partecipare alla vita democratica della Nazione». Perché dopo il 2006 i rimborsi sono distribuiti su tutti e cinque gli anni del mandato parlamentare, «in violazione del carattere giuridico delle erogazioni pubbliche». Dopo il primo anno, la differenziazione degli importi dei rimborsi «si configura arbitraria e discriminatoria, perché consolida la posizione di vantaggio solo di quei partiti che hanno raggiunto la maggioranza politico-parlamentare». Esultano i grillini: «La Corte dei Conti dà ragione al Movimento cinque stelle», commenta la deputata Carla Ruocco.
Gridano vittoria anche i radicali: le leggi in materia hanno «eluso e manipolato i risultati del referendum radicale del 1993 - dice Mario Staderini -. Una truffa continuata con destrezza ai danni del popolo italiano, organizzata dai partiti attraverso il Parlamento.
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