Beati i popoli che non hanno bisogno di capri espiatori. Non ci interessa difendere Mussari, questo spetta ai suoi avvocati. Avrà un processo, pagherà se ha sbagliato, ma vedere ancora una volta un uomo alla gogna, con la pioggia di monetine che gli arrivano in faccia e la folla che lo insulta mostra che questo Paese ogni volta spera di risolvere i propri problemi scaricando su qualcuno ogni colpa e responsabilità. Ed è un modo troppo facile per scaricarsi la propria coscienza.
È come se un'intera città, un sistema di affari e di potere sperasse in questo modo di sentirsi vergine e immacolato. Eppure Mussari è lo stesso uomo che Siena rispettava, temeva, compiaceva. Era il potente che si salutava con deferenza, quello da invitare a cena nei salotti più esclusivi, quello da ammirare e a cui chiedere favori. Questo fino a quando tutto sembrava andare bene, quando il Monte dei Paschi era la lampada di Aladino che realizzava i sogni di tutti, con la squadra di basket e quella di calcio, con la ricchezza distribuita casa per casa, con l'orgoglio da banca più antica del mondo, con l'università, il Palio e quel modo di sentirsi unici, così moderni e allo stesso tempo fieri delle proprie tradizioni medievali.
Ora diranno che la colpa di Mussari è proprio quella di aver tradito e cancellato tutto questo. Solo lui? Ecco. La gogna e le monetine servono a far passare questa tesi. Bisogna sacrificare e distruggere Mussari per fare in modo che tutti gli altri siano salvi, che l'intreccio tra finanza, vertici bancari, politica e società civile non venga messo in discussione.
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