Il Csm apre un fascicolo sul giudice fan di Prodi

Dossier sul presidente del collegio che deciderà sul Cav: era un attivista del Professore

Il plenum del Csm
Il plenum del Csm

Una pratica sul giudice tifoso di Prodi. Il Csm esplorerà il caso che riguarda Nicola Russo, presidente del collegio che deve giudicare Silvio Berlusconi per la compravendita dei senatori del governo Prodi. Un cortocircuito perfetto che lo stesso Russo, tempestivamente, aveva segnalato al presidente del tribunale di Napoli chiedendo di astenersi. Ma Carlo Alemi aveva risposto con uno secco no, invitandolo ad andare avanti. Un parere diverso da quello dei consiglieri laici di centrodestra che hanno posto la questione all'ufficio di presidenza di Palazzo dei Marescialli. Ieri la svolta: il vicepresidente Michele Vietti comunica l'apertura del fascicolo che verrà studiato dalla prima commissione. Un riconoscimento delle obiezioni sollevate da Nicolò Zanon, costituzionalista e membro laico del Csm, in un'intervista al Giornale. «Si sa - aveva spiegato Zanon - che Russo si è impegnato per sostenere Prodi e proprio lui sarebbe la vittima della presunta corruzione che avrebbe provocato la caduta del suo governo. Russo dovrebbe giudicare Berlusconi, il suo avversario politico». Una sorta, dunque, di cortocircuito. Di qui l'osservazione, posta sotto forma di quesito, da parte di Zanon: «Tutto questo non influenza la percezione pubblica dell'imparzialità di questo collegio di magistrati?».

La storia è semplice. Diciannove anni fa Russo aderì a un comitato di sostegno a Romano Prodi. Allora Russo non era ancora un magistrato e per Alemi questo è più che sufficiente per allontanare ogni sospetto, anche remoto, di gestione non perfettamente serena della vicenda. Ma qui, come nota Zanon, c'è qualcosa di più: è vero che all'epoca Russo non indossava ancora la toga, ma tifava per Prodi e Prodi sarebbe la vittima dei maneggi orditi dal suo avversario di sempre, Silvio Berlusconi. Oggi imputato con l'accusa di aver versato sottobanco, con l'intermediazione di Valter Lavitola, tre milioni di euro a Sergio De Gregorio per alterare gli equilibri fra i diversi schieramenti in Parlamento. Una pagina imbarazzante per la giustizia italiana. Non è una problema di correttezza personale, ci mancherebbe, ma di rispetto delle forme e delle regole del buonsenso.Così il Csm ha deciso di approfondire la storia. Il plenum di Palazzo dei Marescialli si è spaccato nella valutazione del problema. Il togato di Area Vittorio Borraccetti ha bollato come «inaccettabile» la sortita dei colleghi di centrosinistra ma il Comitato di presidenza si è schierato con loro. Anche se, ha messo le mani avanti Vietti, i vertici del Csm non hanno compiuto alcuna verifica nel merito. Siamo, insomma, alle battute preliminari. In un gioco delle parti, rituale, che di solito tiene conto delle diverse sensibilità. Ed è congegnato per non scontentare nessuno. Il dossier potrebbe evolvere con diverse modalità: la prima commissione potrebbe trasformarlo in una pratica a tutela di Russo o mandare tutto in archivio.

Ancora, se si dovessero ravvisare responsabilità del magistrato, ipotesi fantascientifica visto che era stato lui stesso a segnalare la propria antica militanza per Prodi, il Csm potrebbe votare l'incompatibilità ambientale o funzionale del magistrato. E disporne il trasferimento. Ci saranno audizioni, scintille e titoli sui giornali. Poi con ogni probabilità la pratica finirà in nulla.

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