Bersani dice che si faranno, ma il suo partito non ha deliberato ancora nulla. Vendola crede nella promessa del segretario democratico e le considera un'occasione straordinaria. Parisi invece invita alla riflessione. Renzi le sostiene con forza, più di ogni altro esponente Pd. D'Alema dice di non temerle e di non essere candidato (quindi come faccia a temerle lo sa solo lui). A Rosy Bindi non è chiaro il motivo per cui dentro quelle di coalizione si debbano fare anche quelle di partito. Se non si è ancora capito, parliamo della primarie, diventate l'ultimo pomo della discordia in seno al Pd.
Da istanza di democrazia a sistema rinnegato (per fare un esempio, in Sicilia il Pd ha deciso di appoggiare ufficialmente il candidato Rosario Crocetta senza nemmeno pensare all'ipotesi primarie). Da vessillo del partito a bomba a orologeria. A innescarla, almeno inizialmente, era stato il sindaco di Firenze, Matteo Renzi. Ma col passare del tempo, parte dei vertici di via del Nazareno ha cominciato a porsi seri dubbi sulla questione. Dubbi che ora riguardano le regole dello Statuto del Pd ora la divergenza con la riforma della legge elettorale. Fatto sta che le primarie sono diventate lo spauracchio democratico.
Basta fare una sommaria raccolta delle ultime dichiarazioni di esponenti del Pd per farsi un'idea, naturalmente confusa. "Non capisco perché dentro le primarie di coalizione si debbano fare anche quelle di partito, perché se i candidati del Pd sono più di uno diventano anche primarie di partito", ha detto Rosy Bindi alla festa nazionale del Pd a Reggio Emilia aggiungendo che non è razionale fare due primarie insieme "ma siccome di questi tempi di irrazionali in giro ce ne sono tanti e il segretario è tanto generoso....".
Il riferimento della presidente del Pd è al rottamatore Renzi contro il quale diversi dinosauri democratici non hanno lesinato critiche. Senza considerare che anche il leader di Sel, Nichi Vendola ha usato parole dure nei confronti del primo cittadino fiorentino apostrofandolo come il "juke box delle banalità, delle piccole litanie qualunquiste".
Renzi a parte, anche lo stesso Vendola ha mosso dubbi sulle primarie (pur dicendosi fiducioso sul fatto che si faranno) stigmatizzando ogni ipotesi di riforma della legge elettorale che porti a un "super-Porcellum". Ipotesi, quest'ultima, che sgonfierebbe la stessa idea di primarie.
Tesi che ha sposato in pieno Arturo Parisi, secondo il quale ''i dissensi crescenti tra i massimi dirigenti del Pd portano in evidenza contraddizioni troppo a lungo nascoste. Forse è il momento che il vertice del Pd si fermi un momento a riflettere, lasciandosi alle spalle i finti unanimismi degli organi ufficiali''.
Il deputato del Pd ha messo a nudo le divisioni presenti all'interno del suo partito, evidenziando che ''non si può contemporaneamente giocare con le primarie alla democrazia dei cittadini, e lavorare contemporaneamente per tornare alla democrazia della delega e al proporzionale più o meno corretto con un insensato premio al primo partito''.
Contro il sindaco Renzi si è scagliato anche Massimo D'Alema che si è detto convinto che "dalle primarie uscirà più forte la candidatura di Bersani che è la candidatura necessaria per unire il nostro partito, per creare una coalizione senza la quale non si governa il Paese e soprattutto per dare una guida seria all’Italia in un momento così difficile. Tre cose molto importanti che Renzi non mi sembra in grado di fare".
Oltre al rebus della legge elettorale, c'è poi quello delle regole delle primarie. Un tema ancora aperto e che la stessa Bindi ha evidenziato dicendo che "servono regole chiare". Infatti, a proposito di regole, vige ancora (e non è stata modificato né se ne è discusso) il punto dello Statuto che prevede come uno candidato alle primarie nonché candidato premier esclusivamente il segretario del partito. Quindi Bersani.
Intanto, continuano a volare stracci tra i vertici del Pd e Renzi. Il presidente Bindi ha ribattuto a Renzi, che ieri ha definito "premi di consolazione" gli incarichi ricevuti da lei e da Dario Franceschini dopo le primarie, che "ci sarebbe da chiedere perché Renzi invece di correre alle primarie per la candidatura alla presidenza del Consiglio, non faccia il sindaco di Firenze. Forse avrebbe meno visibilità ma così potrebbe onorare l’impegno preso appena due anni fa, con i cittadini di Firenze...".
Insomma, la patata bollente delle primarie è tornata tra le mani dei democratici. Era già successo lo scorso giugno, quando Pier Luigi Bersani aveva lanciato le primarie per la scelta del candidato premier e quasi tutti i big del Pd avevano chiesto al segretario di ripensarci, inducendolo a procrastinare data e modalità di svolgimento.
La questione, adesso come allora, è strettamente legata alla questione della legge elettorale. Ieri era stato Walter Veltroni a dire che se ci fosse una legge elettorale che dà il premio solo al primo partito e non alla coalizione avrebbe poco senso fare le primarie. Lo stesso hanno detto la Bindi e Romano Prodi secondo il quale "se per convenienze e interessi dei partiti si arriverà ad un modello elettorale di tipo proporzionale, allora lo strumento delle primarie verrà inevitabilmente svuotato".
Dunque, Bersani si troverà davanti a un bivio: se la legge elettorale verrà
cambiata e svuoterà di senso le primarie si toglierà un peso non indifferente. Se invece la riforma non dovesse andare in porto, sarebbe costretto a fare i conti con le primarie. Due scelte comunque passive, in entrambi i casi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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