Decadenza, blitz degli alfaniani L'appello dei 22 sul voto segreto

Lettera al presidente del Senato firmata dagli "innovatori", la corrente governativa Pdl. I lealisti vedono il documento come l'ennesimo strappo: "Chi non firma non è solidale?"

Decadenza, blitz degli alfaniani L'appello dei 22 sul voto segreto

Il «day after» del colpo di mano sul voto palese sulla decadenza regala un'altra giornata di grande tensione al Pdl. La prima scintilla che fa vibrare i telefoni cellulari e smuove umori e malumori interni è l'intervista al Corrieredella Sera con cui Gaetano Quagliariello mette nero su bianco la sua previsione: «Se il governo cade non si va sicuro al voto: perché a questa strana maggioranza che abbiamo potrebbe subentrare una maggioranza stranissima». Un affondo che fa subito scattare la reazione di Sandro Bondi che spedisce una sorta di sollecito di intervento a due dei massimi dirigenti del Pdl. «Sono assolutamente certo che i miei amici Angelino Alfano e Renato Schifani non possano in nessun modo condividere il tenore e i contenuti delle posizioni del ministro Gaetano Quagliariello, espresse anche oggi con singolare disinvoltura».

La vera miccia che fa esplodere lo scontro interno è però un'altra. Nel pomeriggio le agenzie di stampa rilanciano una raccolta firme di solidarietà a Silvio Berlusconi, un appello rivolto al presidente del Senato, Piero Grasso, affinché il voto sulla decadenza si svolga a scrutinio segreto. Apparentemente una iniziativa unificante. Se non fosse che quella lista ha un carattere «differenziato», nel senso che è promossa e sottoscritta da 22 senatori pidiellini che si autodefiniscono «innovatori». I senatori, che si ritrovano nelle posizioni dei cosiddetti «governativi, chiedono a Grasso di «assumere le decisioni che il regolamento le assegna per garantire il rispetto delle regole di votazione - e dunque la legalità dei nostri lavori - disattendendo il parere non vincolante della Giunta così come il comma 5 dell'articolo 113 le consente di fare». L'appello «lanciato da Luigi Compagna primo firmatario, Piero Aiello, Andrea Augello, Laura Bianconi, Giovanni Bilardi, Antonio Stefano Caridi, Federica Chiavaroli, Francesco Colucci, Nico D'Ascola, Roberto Formigoni, Antonio Gentile, Carlo Giovanardi, Marcello Gualdani, Giuseppe Marinello, Bruno Mancuso, Paolo Naccarato, Giuseppe Pagano, Luciano Rossi, Maurizio Sacconi, Francesco Scoma, Salvatore Torrisi e Guido Viceconte (e condiviso dal ministro Quagliariello che non lo ha formalmente sottoscritto per rispetto dell'autonomia parlamentare) è aperto all'adesione di tutti i senatori che ne condividano i contenuti». Un invito a cui aderiscono Azzollini, Fazzone, D'Alì e Cardiello.

L'iniziativa viene subito percepita non tanto come una mossa contro quella che Osvaldo Napoli definisce «la gravissima e fascistissima decisione della Giunta del Regolamento», quanto piuttosto come un nuovo segnale. In sostanza una vera e propria «conta», in vista di possibili nuove «verifiche» della sorte del governo. Tanto che Maurizio Gasparri si chiede: «Ma è solidale con Berlusconi solo chi fa parte dell'elenco dei 22 più aderenti postumi o siamo, come credo, solidali tutti? Che giochetti antiquati. Francamente, lo dico senza astio, è un modo ridicolo di solidarizzare dividendo. Per la serie: poiché forse rompo un po' mi dichiaro amico e fingo. Colleghi, siamo seri per favore». E la senatrice Manuela Repetti si chiede se questa «raccolta firme a numero chiuso» non sia il segnale «di un gruppo che ormai si considera del tutto autonomo». Sull'altro fronte i lealisti spingono per anticipare la data del Consiglio Nazionale che dovrà confermare la svolta - e l'azzeramento delle nomine - voluto da Berlusconi. L'intenzione è quella di cancellare la data inizialmente ipotizzata dell'8 dicembre e di scegliere un sabato di novembre.

I numeri, a detta di tutti i «lealisti» che hanno consultato firme e indicazioni provenienti dal territorio, sono più che confortanti per il presidente del partito e indicano la possibilità di avere più dei due terzi dei consensi a sostegno del passaggio a Forza Italia. Una situazione di forza, azzarda qualcuno, che avrebbe fatto scattare la contromossa della raccolta firme da parte degli «innovatori» al Senato.

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