
«Tutti i figli di Berlusconi hanno firmato la richiesta di grazia davanti a un avvocato», in sostanza la famiglia intera. «È arrivata al Quirinale, non so che fine abbia fatto, sarà persa in qualche ufficio». Marcello Dell'Utri negli studi di Virus, incalzato da Nicola Porro, conferma il retroscena proposto dal conduttore. Una rivelazione pesante, corredata da un ulteriore annuncio: «Presto arriveranno nuove carte sul processo Mediaset, processo rispetto al quale Berlusconi è totalmente estraneo. I nuovi fatti dimostreranno, se mai ce ne fosse bisogno, che lui non c'entrava nulla con questa vicenda. A quel punto la revisione sarà inevitabile».
Il legale di Berlusconi Niccolò Ghedini però smentisce le parole dell'ex senatore sulla richiesta di clemenza: «Sono destituite totalmente di ogni fondamento. La grazia non è stata chiesta, né la chiederemo». E anche fonti del Quirinale precisano che al Colle «non è arrivato nulla». Tutto arriva alla fine di una nuova giornata ad alta tensione nel Pdl.
«Ormai ci si è spinti troppo avanti, solo un miracolo di Berlusconi può salvare l'unità del partito» confessa uno dei «pontieri» impegnati nella ricerca di una difficile mediazione. Le tensioni superano il livello di guardia e la «caccia al consigliere nazionale» è aperta e si preannuncia un sabato di telefonate e incontri per provare a far cambiare idea ai dubbiosi e verificare che le intenzioni di voto in vista della conta del 16 novembre - il Consiglio nazionale - vengano rispettate.
I problemi maggiori stanno nello schieramento degli «innovatori» o «governativi», tanto che lo stesso Alfano ma anche Nunzia De Girolamo cercheranno oggi, attraverso incontri sul territorio o verifiche telefoniche, di arrivare a definire numeri più chiari e aggiungere delegati al proprio bacino. Per gli alfaniani il dilemma è tra tre scelte. La prima prevede un estremo tentativo di ricucitura, cercando di strappare le condizioni migliori e la garanzia di un posto al tavolo delle candidature. Chi perora questa causa cerca di individuare spiragli di luce nel pranzo, dai toni sereni, di ieri a Palazzo Grazioli tra Berlusconi, Renato Brunetta, Renato Schifani e Denis Verdini. La seconda opzione è quella dello scontro in Consiglio nazionale, puntando sullo scrutinio segreto e sulle questioni regolamentari, ovvero sul rispetto della discussa soglia dei due terzi (a fronte di 855 aventi diritto, per poter procedere a modifiche statutarie si dovrebbe superare quota 572 voti). La terza opzione prevede la «diserzione» del Consiglio in assenza di una intesa.
«In vista del parlamentino del 16 noi ministri stiamo lavorando per raccogliere le firme per un nostro documento», dice Maurizio Lupi. Replica Raffaele Fitto. «Che senso ha stare al governo con il Pd che ha come unico obiettivo quello di estromettere Berlusconi dal Parlamento?». Il botta e risposta, sull'uno e l'altro fronte, assume toni infuocati.
All'ex governatore lombardo che dice: «Falchi e lealisti sciocchini: se neghi il voto segreto al nostro Consiglio, come fai poi a chiederlo per difendere Berlusconi?», replica Renata Polverini: «Quando smette Formigoni di dire idiozie? Grazie ai buoni uffici di alcune colombe il voto sulla decadenza di Berlusconi è palese. Era lì che doveva difendere la segretezza del voto». E se Simona Vicari accusa i falchi di «mascherare i loro giochi sotto la forma dell'amore nei confronti del nostro presidente», Sandro Bondi le risponde bollando le sue parole come «farneticazioni indecorose».
La chiosa finale è dettata da Ignazio Abrignani a Intelligonews: «Nel Consiglio nazionale democraticamente si formerà una maggioranza. La minoranza si adeguerà come in ogni partito. Perché da noi non dovrebbe funzionare così?».