Diffamazione, stop al carcere: un giurì per i giornalisti

Impegno bipartisan sulla proposta di legge. Rettifica anche online, risarcimenti di 50mila euro. Gasparri: "Aperti a modifiche"

Diffamazione, stop al carcere: un giurì per i giornalisti

Niente più carcere per i giornalisti, «giurì dell'informazione», risarcimenti fino a 50mila euro, rettifiche documentate, applicazione estesa ai siti internet di natura editoriale. Maurizio Gasparri e Vannino Chiti ci riprovano. Dopo il tentativo compiuto nella scorsa legislatura di mettere mano alle previsioni di legge sulla diffamazione, ora tentano di far partire dal Senato una nuova «missione» parlamentare bipartisan.

La nuova versione della proposta di legge depositata mentre anche alla Camera si discute sul tema, mette in campo alcune novità rispetto alla formulazione originaria. Su sollecitazione del sindacato dei giornalisti - spiegano Gasparri e Chiti in una conferenza stampa alla quale interviene anche il senatore Luigi Compagna - viene introdotto presso ogni distretto della Corte d'Appello l'istituto del Giurì per la correttezza dell'informazione, un organismo incaricato di tentare in via preventiva una conciliazione tra le parti. Il Giurì è composto da 5 membri, dei quali 2 nominati dall'Authority per le comunicazioni, 2 dall'Ordine dei giornalisti, uno, con funzione di presidente, nominato tra i magistrati della Corte d'Appello. Anche sul fronte delle sanzioni il testo propone un risarcimento pecuniario dei danni massimo di 50 mila euro, rispetto alla formula passata del ddl che prevedeva «non meno di 30mila euro». Il risarcimento è escluso se le rettifiche sono state pubblicate in maniera corretta, salvo la rivalsa di danni patrimoniali verificati prima della pubblicazione della smentita. Per quanto riguarda le rettifiche, il ddl richiede ora che queste per essere pubblicate debbano essere «documentate», insomma non si potrà redigere un testo di risposta vago e slegato dalla notizia.

La pena prevista è, come nella passata versione, «non inferiore a 5mila euro». Sulla responsabilità del direttore o del vicedirettore responsabile, il ddl conferma la loro responsabilità, insieme a quella dell'autore dell'articolo diffamatorio, «se il reato è conseguenza di omesso controllo». Per loro la pena è ridotta di un terzo. Importante infine è l'applicazione delle disposizioni anche «ai siti internet aventi natura editoriale»: una precisazione che in sostanza esclude dalla legge i blog, anche se non sarà facile muoversi nella giungla dei soggetti online. «Siamo aperti a modifiche ed approfondimenti - assicura Gasparri - e siamo anche consapevoli che su questo argomento si sta anche discutendo alla Camera, ma se si apre una gara positiva, ben venga. Per noi la ridefinizione della materia è un'esigenza fondamentale».

Per Chiti «lo scopo è quello di togliere il carcere ma anche trovare un equilibrio tra i diritti del diffamato e quelli dei giornalisti e della libertà di stampa in genere», rendendo omogenea la nostra legislazione con quella europea. L'importante, però, chiosa Gasparri, «è far sì che l'istituto della rettifica funzioni davvero in modo da decongestionare le aule giudiziarie».

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