RomaSilvio forever? Se gli elettori del centrodestra forse non hanno mai avuto troppi dubbi al riguardo, adesso la pensa così anche la maggioranza dei parlamentari, convinti, dopo qualche sbandamento, che comunque vada, Monti o non Monti, la cosa migliore per il Pdl sia che il Cavaliere torni in sella alla guida della coalizione. Dunque non c'è alternativa, Berlusconi nel 2013 deve ricandidarsi per Palazzo Chigi. E a sostenerlo stavolta sono pure quelli che avevano cominciato a prendere le distanze.
La questione ufficialmente, come spiega Fabrizio Cicchitto, è ancora aperta: «Si deciderà in autunno». Ma il ritorno del Cav è più che un'ipotesi estiva, lo dimostra la smentita secca di Palazzo Grazioli ad alcuni giornali che parlavano di una rinuncia di Berlusconi. E pazienza per Gianni Alemanno, che non crede a «un sesto tentativo dell'ex premier che sarebbe un passo indietro». Dice infatti Cicchitto: «Io reputo che si candiderà. Certo, ha bisogno di un partito che lo sostenga».
E lo sostiene una «colomba» come Mariastella Gelmini. «Basta frequentare in questi giorni i simpatizzanti - racconta - e parlare con gli iscritti per rendersi conto di quanto sia atteso il rientro di Berlusconi, quante aspettative e speranze susciti. Piaccia o non piaccia, ha dato voce al Paese che produce e paga le tasse e che ancora crede nella rivoluzione liberale». Qualche attesa è stata delusa. «Quest'Italia si aspettava di più dal nostro governo - sostiene l'ex ministro all'Istruzione - ma non vede di meglio. Del resto siamo noi a dare il miglior contributo per la svolta che Mario Monti sta tentando». E l'impegno diretto del Cavaliere servirebbe anche se il Professore dovesse restare a Palazzo Chigi dopo le elezioni. «È il nostro blocco sociale che può dare la spinta decisiva. E solo Berlusconi può provare l'impresa di portate le istanze dei moderati al governo, con un centrodestra vincitore o comunque fortemente rappresentato, se mai per il bene dell'Italia fosse necessario chiedere a Monti di continuare».
Non ha dubbi neppure Giancarlo Galan. «In mezzo a una crisi del genere, l'applicazione della ricetta liberale, con profonde riforme, è l'unica via percorribile per far uscire il nostro Paese da una pericolosissima stagnazione produttiva. Mi domando perciò come sia possibile, in questa situazione, mettere in forse la candidatura di Berlusconi». E il Cavaliere, secondo l'ex ministro della Cultura, «è un leader capace di parlare alla gente e di coinvongerla in un progetto, riportarla a credere che sia possibile allontanarsi dal baratro, una cosa che all'attuale governo non riesce per niente».
Per Michaela Biancofiore, se Berlusconi rinunciasse «assisteremo al ritorno della partitocrazia della prima repubblica, che è la vera causa di un debito pubblico sul Pil di oltre il venti per cento». Quindi, Silvio per sempre: «C'è bisogno della sua guida, della sua capacità innovativa. Trovo assolutamente insensato e ingeneroso che i molti che nel Pdl hanno beneficiato del suo consenso, ora si accaniscano a chiedergli inspiegabilmente di non candidarsi, specie a fronte della prova del nove che lo spread non era colpa del suo governo».
Tocca a un «esterno» come Gianfranco Rotondi tirare un bilancio politico: «Berlusconi è il presidente del Consiglio votato dagli italiani e ha il diritto di chiedere il giudizio dei cittadini. Con tutto il rispetto per la dialettica interna, la questione, in termini politici, si chiude qui».
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