Davanti ai leader del Ppe riuniti a Bruxelles per il consueto pranzo del Partito popolare europeo che precede il Consiglio Ue Berlusconi preferisce non parlare. Si limita a fare i complimenti a Casini, che nel suo intervento - pur se con la prudenza che lo contraddistingue - è piuttosto duro sia con la Germania che con la Merkel. E non è l’unico se la cancelliera si ritrova seduta praticamente isolata in una tavola dove il gelo è palpabile. Dalla sua parte, solo Barroso, presidente della Commissione Ue e dunque «terzo» anche solo per ragioni istituzionali, e Ketainen, premier della Finlandia che sposa in toto la linea di Berlino.
Il Cavaliere tace per diverse ragioni. Perché se parlasse davanti al Ppe dovrebbe affondare colpi sulla Merkel come ha fatto nelle ultime settimane ma in una sede che darebbe al tutto un’eco diversa e rischiando per giunta di complicare il delicatissimo Consiglio Ue che si aprirà di lì a poche ore. Silenzio, dunque. Per non «danneggiare Monti e il lavoro che dovrà fare», confida più tardi in privato. Nonostante le sue molte perplessità visto che - ragiona ancora Berlusconi con i suoi appena concluso il pranzo del Ppe - «stanno facendo l’errore di dare a questo vertice aspettative miracolose con il rischio di condannare a morte Monti se i risultati saranno, come è probabile, al di sotto delle attese».
E così il Cavaliere non parla né all’arrivo né all’uscita, quando l’unica cosa che si lascia sfuggire è «aspettiamo il Consiglio di domani (oggi per chi legge, ndr)». Cede solo qualche ora dopo, quando i cronisti lo intercettano mentre lascia la sede del Ppe di Bruxelles in rue de Commerce dopo un faccia a faccia con il presidente Martens. Parla molto di cose italiane però. E sulla crisi si limita a dire che «riguarda tutte le economie europee» e che il documento sul tavolo del summit «prevede misure per i prossimi sei mesi mentre noi insistiamo perché ci siano misure immediatamente attuabili e che possano fermare la speculazione che colpisce Paesi virtuosi come l’Italia». La falsariga, insomma, dell’intervento Casini che, per giunta, davanti ai leader del Ppe ha uno scambio un pizzico polemico con Barroso quando riferendosi a Grillo dice di essere preoccupato dalla «deriva populista». Il presidente della Commissione Ue, infatti, si lascia scappare una risata quando Casini spiega che «in Italia un comico potrebbe arrivare al 20 per cento». E la replica del leader Udc è fulminante: «Caro Barroso, non c’è niente da ridere... Se non vi svegliate capiterà anche nei vostri Paesi...».
Un Berlusconi «low profile», dunque. Almeno pubblicamente. E che con Martens (che in mattinata incontra anche Casini) affronta il nodo della difficile convivenza in Italia di Pdl e Udc, tutti e due iscritti al Ppe. Con uno sfogo sulla «rigidità dei Paesi della Tripla A» che «bloccano la crescita dell’Europa e schiacciano l’Italia». E il Cavaliere non ce l’ha solo con la Germania ma anche con la Finlandia.
Sul fronte interno, invece, Berlusconi risponde all’appello di Napolitano. Dice che sulle riforme si sta cercando di andare avanti e che ci sono «buone possibilità di approvare l’elezione diretta del presidente della Repubblica». Anche se i veri crucci arrivano da Roma visto che la notizia di una cena «anti-Cav» data da «Dagospia» manda in subbuglio mezzo partito. A casa di Lupi, infatti, si sarebbero incontrati Alfano, La Russa, Gasparri, Fitto e Cicchitto per ragionare su come «pensionare» Berlusconi.
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