Elsa vince la sfida tra "lady di ferro" Ora piange Susanna

Si sono confrontate e scambiate gentilezze di circostanza, ma alla fine della trattativa ha prevalso la concretezza della responsabile del Welfare

Elsa vince la sfida tra "lady di ferro" Ora piange Susanna

Roma - Basta lacrime, questo per la Thatcher di San Carlo Canavese è il momento di sorridere. Elsa Fornero, il giorno dopo il vertice, mostra i denti soddisfatta: a guardar bene forse c’è ancora traccia del sangue di Susanna Camusso. Il ministro del Lavoro si dichiara «amareggiata» per il mancato accordo. «Avremmo voluto una condivisione piena. Non era facile, perché per la Cgil l’articolo 18 ha un valore simbolico. Sono dispiaciuta, ma il testo non è blindato».
Dispiaciuta? Dovrebbe spiegarlo alla Camusso. «Il governo vuol portare in Asia l’immagine che in Italia si può licenziare facilmente. Non potevo dire sì, non hanno voluto mediare». Così, ecco sedici ore di sciopero generale. Quanto al testo aperto, Fornero le racconti anche questo. Il segretario contava in un’apertura, ci aveva sperato fino all’ultimo, ma non c’è stato niente da fare. I tentativi di annacquare la riforma del lavoro sono andati a vuoto e adesso il principale sindacato italiano è all’angolo, criticato pure da Giorgio Napolitano, per il quale certe misure «sono ineludibili».
Non c’è dubbio, le iron ladies sono tornate di moda e non solo al cinema. Tra noi donne ci si capisce, dicono le donne delle donne, e stavolta al tavolo del negoziato ce ne sono tre, considerando Emma Marcegaglia, presidente uscente di Confindustria. Sarà pure vero, ma certo non è questo il caso. Eppure la Fornero, nelle ultime settimane, ha cercato di stabilire un buon rapporto con la Camusso. «Il dialogo si fa tra parti che si intendono ma che non hanno forza identiche vedute. Nelle trattative vorrei avere un tratto di gentilezza, non guasta. E non considero Susanna Camusso un avversario, è una persona che svolge un ruolo importantissimo, rappresenta molti lavoratori».
E anche l’altra sera a Palazzo Chigi, durante la conferenza stampa dopo l’incontro, la Thatcher del governo Monti ha mostrato il suo volto umano. Vestito nero, pashmina azzurra con motivi floreali, gioielli sobri, fascetta rosa al polso con un verso della Nobel polacca Szymborska, spilla gialla in segno di solidarietà ai marò prigionieri in India, tanti sorrisi e tante parole concilianti. «Abbiamo trovato una soluzione equilibrata per contrastare il precariato. Qualcuno infatti dirà poco e qualcun altro troppo. Ma la parola finale spetterà al Parlamento». Se lo può premettere, è stata lei a vincere il braccio di ferro.
La sconfitta invece è costretta a giocare in difesa. «La partita non è chiusa», dice non si sa quanto convinta, sperando nel Pd e nella piazza. E la Fornero? La Camusso non vuole personalizzare lo scontro. Però che le due non andassero troppo d’accordo si era capito da tempo. «È una donna con una grande tenacia - così diceva qualche giorno fa il segretario della Cgil - ma a volte è un po’ arrogante. Ci sono state occasioni in cui il suo linguaggio è stato non chiaro e non diretto». Scintille, niente di più. Poi l’altra sera ha alzato il tiro definendola «la ministra». Uno sgarbo calcolato: la professoressa non ama distinzioni di genere quando si parla della sua figura pubblica e pretende, lo ha detto chiaramente, di essere chiamata «il ministro».
Ma dopo il nyet, la Camusso è in mare aperto, stretta dall’impossibilità di cedere e l’impraticabilità di far saltare tutto. La pasionaria della Cgil, figlia di un manager Olivetti e di una psicologa triestina, ha faticato per farsi accettare dalle tute blu.

Ora le tocca timonarle in una navigazione al buio, senza un porto in vista. Sarà per questo che, pure nel momento del massimo scontro, ammette che comunque «gli ammortizzatori previsti sono migliorati». La riforma dunque non tutta è da buttare.

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