Estorsioni, stupri e furti Era la banda dei poliziotti

Quattro agenti della Questura di Roma in manette, arrestati dai loro stessi colleghi. A denunciarli commercianti e prostitute

Estorsioni, stupri e furti Era la banda dei poliziotti

Roma - I «bravi ragazzi» in divisa avevano pure provato a convincere i colleghi che erano tutte balle. Inventate di sana pianta per metterli in difficoltà, perché loro erano sbirri che non guardavano in faccia a nessuno. Invece, il primo dossier-rogna sulla scrivania del nuovo capo della polizia Alessandro Pansa, nominato l'altro ieri, è l'arresto di quattro agenti della Questura di Roma - Mario Belfiore, Enrico Parisi, Umberto Sezzi e Fabio Costantini - accusati di violenza sessuale, corruzione, furto e falso. Altri due poliziotti, R.G e E.D., coinvolti in un solo episodio, sono indagati e per loro si profila la sospensione dal servizio.A incastrare il «gruppo di poliziotti non bravi» (come li chiama a verbale uno dei vessati), anche il racconto di un commerciante cinese, prima «invitato» a pagare 6.500 euro con la minaccia di sequestrargli il locale, poi arrestato con la falsa accusa di istigazione alla corruzione, poche ore dopo, perché aveva parlato in giro del «trattamento» subito. Ma anche un altro commerciante denuncia la sparizione di orologi, gioielli, contanti e assegni in seguito a un sequestro. Sono stati controllati e intercettati per mesi, i quattro poliziotti infedeli, che avevano subodorato l'indagine a loro carico. E a stringergli le manette ai polsi sono stati gli ex compagni della Squadra mobile guidati da Renato Cortese, dove fino a qualche tempo fa prestavano servizio nella sezione antiprostituzione. Poi, in odore d'indagine, erano stati trasferiti lontano dalla strada e dalle tentazioni dell'uso «distorto» del potere e «del disprezzo per la libertà altrui», come scrive il gip. Sono cinque, finora, gli episodi contestati: una violenza sessuale (un pesante palpeggiamento, in questura, a una prostituta fermata per un controllo, poi molestata anche a domicilio), un furto e tre episodi di corruzione. La «riserva di caccia» dei quattro (due ispettori, un sovrintendente e un assistente) erano i magazzini all'ingrosso dei commercianti cinesi e le bische clandestine. Con titolari e avventori obbligati, dietro minaccia di pesanti ritorsioni giudiziarie, a cedere contanti e merce di ogni tipo. La procura ipotizza che la “banda dei quattro” esercitasse un vero e proprio potere di intimidazione nei confronti delle vittime, alle quali venivano spillate decine di migliaia di euro in mazzette, oggetti preziosi e utilità varie. I fatti risalirebbero al biennio 2009-2010. Come detto, in un caso, ricostruito dal gip nelle 151 pagine dell'ordinanza d'arresto, gli agenti avrebbero addirittura arrestato un commerciante per istigazione alla corruzione, quando la mazzetta se l'erano presa da soli. Ma non sapevano che l'uomo li aveva registrati, e quel cd trascritto è finito tra le accuse. In altri episodi con la minaccia di ritorsioni piegavano coloro che cercavano di resistere alle continue richieste di denaro. Una tecnica che è servita fino a quando la corda non s'è spezzata. Dal primo esposto, l'indagine ha raccolto testimonianze. Un negoziante ha raccontato di essere stato preso di mira nonostante fosse in regola con i permessi. Tra i capi di imputazione c'è anche la violenza sessuale. Uno dei quattro aveva costretto una prostituta a spogliarsi in questura e l'aveva palpeggiata minacciandola d'arresto: «Vuoi andare a casa, o no?». Sesso in cambio di protezione, insomma. Nei mesi scorsi, durante la fase più intensa delle indagini c'era stato anche un interrogatorio davanti ai colleghi della Mobile.

La linea di difesa era stata mantenuta a oltranza, avevano negato tutto. L'epilogo si è consumato ieri mattina, all'alba, quando sono scattate le manette. E, come nei film, le divise infedeli hanno dovuto consegnare tesserino e pistola. E preparare il borsone.

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