Tutto ciò che di storto c'è in Italia, ormai è responsabilità di un solo uomo: Alessandro Sallusti, il secondo giornalista che finisce arrestato dalle origini della Repubblica. Privato della libertà a causa di una legge antica e deplorata, nell'indifferenza del nostro governo tecnico (per non dire del Parlamento), addirittura dal Consiglio d'Europa. Si sa come vanno le cose da queste parti: tutti sdraiati come zerbini davanti alla Ue quando ci dà degli ordini su come spendere o non spendere i nostri quattrini, e tutti pronti a fare il gesto dell'ombrello se ci impone di togliere la galera quale pena per chi commetta reato di diffamazione. Che ne pensano Mario Monti e il ministro Paola Severino, persone stimabili ma insensibili alla libertà di stampa?
Dicevo sopra che Sallusti è colpevole di tutto. Qualcuno lo ha accusato di pretendere una legge ad personam per schivare il gabbio. Cosicché il Senato, per dimostrare di essere vergine, ne ha fatta (quasi) una contra personam, approvando un provvedimento che, invece di eliminare il carcere per gli scribi, lo confermava. Complimenti vivissimi. Poi si sono resi conto della porcata e allora hanno introdotto una norma, questa sì ad personam, per risparmiare la prigione almeno ai direttori, ma non ai giornalisti comuni, notoriamente buoni per il macello.
I senatori, per chiudere in bellezza il loro capolavoro, lo hanno affossato, provocando effetti esilaranti, cioè festeggiamenti: esultanza degli stessi politici, risate a crepapelle del sindacato di categoria e di vari opinionisti. È stato fatto il funerale a una legge che in teoria ci doveva salvare e i potenziali dolenti si sono sbellicati per il divertimento. Sallusti intanto riceve la comunicazione ufficiale: entro cinque giorni, ti blindiamo. Il procuratore Edmondo Bruti Liberati tuttavia scrive che a suo avviso non è necessario che il condannato vada in carcere, dato che non è tipo da evadere: bastano gli arresti domiciliari. È un male minore, rifletto, ma è pur sempre un male che un collega sia considerato un delinquente.
Non faccio in tempo a godermi il premio di consolazione, che arriva una notizia a sfondo satirico: gli avvocati di Milano (non in massa, mi auguro) hanno proposto di togliere dalle aule di giustizia la scritta: «La legge è uguale per tutti». Perché? Sallusti avrebbe ricevuto, con i domiciliari, un grazioso omaggio ovviamente ad personam. Mentre altri detenuti come lui stanno dentro a pane e acqua. Però, che spiritosi i cosiddetti legali. Uno si becca 14 mesi al posto di 5.000 euro di multa e sarebbe un privilegiato perché li sconta in casa e non in cella. Sai che culo.
Ma il punto è un altro. I signori difensori si accorgono solo ora che la legge non è uguale per tutti? Ma dove vivono, a Lugano? Se fosse uguale per tutti Sallusti avrebbe subìto il medesimo trattamento riservato a qualsiasi giornalista imputato di diffamazione a mezzo stampa (eccettuato Giovannino Guareschi, blindato nel 1954), ossia una semplice sanzione pecuniaria; ma gli avvocati su questo hanno sorvolato, preferendo protestare perché sembra che il nostro direttore sia l'unico ad aver (non ancora) ottenuto i domiciliari, quando viceversa ciò è concesso a un sacco di gente.
Chiunque sa che la giustizia umana non è perfetta.
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