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Fornero dal pianto alle minacce: vuole pensionare i vertici Inps

Attacco all’istituto sul pasticcio degli esodati: "I capi dovrebbero essere rimossi". Ma sul ministro pesano il balletto delle cifre e gli errori sulla copertura del decreto

Fornero dal pianto alle minacce: vuole pensionare i vertici Inps

Dalle lacrime alle minacce. Forse contagiata dai sospetti di Eugenio Scalfari sulla presunta infedeltà di alcuni grand commis di Stato al governo Monti, Elsa Fornero la mette giù dura: «Se l’Inps fosse privato, i vertici dovrebbero essere rimossi».
Il ministro del Lavoro se la prende con il presidente Antonio Mastrapasqua e il direttore generale Mauro Nori, sospettati della «soffiata» sul vero numero dei lavoratori esodati. «Chi gioca al massacro andrebbe sfiduciato - attacca - i numeri non sono stati dati in maniera trasparente. Chi ha passato il documento lo ha fatto con dolo, per danneggiare il governo. Si tratta - aggiunge - di dati parziali e non spiegati. Io sono mesi che chiedo una stima accurata». Mastrapasqua, interpellato, replica: «Non voglio commentare le parole del ministro».
Manca però il benché minimo riferimento, da parte della minacciosa Fornero, alla genuinità dei numeri scritti dall’Inps nel documento che porta la data del 22 maggio scorso, e che da tempo si trova sulla scrivania del ministro. Sono falsi o sono veri? Fra 390mila e 65mila interessati c’è una certa differenza. Con tutta probabilità sono veri, tanto che lo stesso comunicato di Palazzo Chigi relativo al decreto esodati di fatto lo riconosce: «Il governo è consapevole che il provvedimento non esaurisce la platea di persone interessate alla salvaguardia - vi si legge - e si impegna a trovare soluzioni eque e finanziariamente sostenibili per questi altri lavoratori».
Il problema è sempre lo stesso, le casse vuote dello Stato. Allargare la platea degli esodati, per i quali dovrebbero valere le vecchie regole per il pensionamento, significa cancellare una fetta cospicua dei risparmi ottenuti con la riforma delle pensioni. Tagli alle pensioni e Imu sono i due pilastri delle manovre finanziare finora approvate del governo: senza i proventi di queste due voci, il pareggio di bilancio nel 2013 è una chimera. E probabilmente non basteranno, come testimonia il buco da 3 miliardi e mezzo di entrate fiscali registrato nel primo trimestre di quest’anno.
Il fatto è che, a quanto si sussurra nei corridoi dei palazzi romani, ci sono problemi di copertura anche per il decreto relativo ai 65 mila «salvaguardati». Approvato il 1 giugno, a ieri non era stato ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Il motivo? A quanto si dice, il provvedimento sarebbe fermo alla Corte dei Conti, che avrebbe dubbi sulla copertura dei circa 5 miliardi di euro necessari a sanare la posizione dei cosiddetti «salvaguardati». Il governo sostiene che il provvedimento è finanziato attraverso i risparmi della riforma pensionistica contenuta nel decreto «salva Italia». Forse la magistratura contabile, per sua natura puntigliosa, chiede qualche dettaglio in più.
Ma ormai il problema tecnico si è trasformato in problema politico. Tutti i partiti, a cominciare da quelli che in Parlamento assicurano la sopravvivenza al governo Monti, intimano al ministro di finirla col balletto delle cifre e pretendono chiarimenti. Persino un collega, il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, riconosce che «c’è molta confusione» e che bisogna ragionare sui «numeri reali». Scendono in campo anche i leader, da Angelino Alfano a Pier Ferdinando Casini. «Dietro ai numeri ci sono le persone, quando parliamo di esodati dobbiamo renderci conto che dietro il dramma ci sono padri e madri di famiglia». Per Casini, che finora è stato il più convinto sostenitore del governo, «il tempo è scaduto, ora vogliamo chiarezza». Molto dura Rosy Bindi: «Fornero è il ministro vigilante sull’Inps e il suo compito è fornire numeri esatti, e non minacciare i vertici dell’istituto. Ostinarsi a non trovare una soluzione - aggiunge il presidente del Pd - è una diabolica perseveranza». Di Pietro e la Lega chiedono le dimissioni del ministro.
Fornero dovrà presentarsi nei prossimi giorni al Parlamento per fornire cifre e spiegazioni attendibili. E dovrà convocare le parti sociali, come chiedono a gran voce i sindacati. Confindustria sente già puzzo di bruciato e sospetta che il governo voglia far pagare alle imprese, almeno in parte, il prezzo del grande pasticcio. Perciò il presidente degli industriali, Giorgio Squinzi, avverte: «È chiaro che c’è una situazione critica, mi auguro che i costi di questa situazione ed eventuali errori di valutazione non vengano messi a carico delle aziende, che sono già sotto pressione».
Il pasticcio degli esodati è davvero brutto. E si somma ai ritardi del decreto sviluppo. Esiste una nuova bozza del provvedimento, ma bisognerà vedere quando arriverà sul tavolo del Consiglio dei ministri.

Prevede, fra l’altro, un «Fondo per la crescita», che riordina l’intero sistema degli incentivi alle imprese.

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