RomaScampato il grande incubo. Per il Pdl è una giornata al cardiopalma. Partita sotto i peggiori auspici, con Prodi al Colle, finisce con il grande sollievo: il peggior nemico impallinato da 101 franchi tiratori. Quando in Aula si capisce che Prodi non ce la può fare, a scrutinio in corso, scatta l'applauso liberatorio di tutto il centrodestra. Abbracci, pacche sulle spalle e battute su Bersani, che ha preso due sberle nel giro di due giorni. «Prodi? Ahiii che Mali...», graffia l'ex pidiellino Giorgio Straquadanio che ride a crepapelle. E adesso? «Boh... Domani non si vota: andremo tutti alle esequie di Bersani», ghigna Massimo Corsaro di Fratelli d'Italia. «Ora speriamo che cessi il congresso del Pd fatto a spese dell'Italia», dice Maurizio Gasparri. Battute anche per Daniele Capezzone: «Affossato anche Prodi. Ormai siamo al remake di Dieci piccoli indiani. Ora basta guerre interne della sinistra sulla pelle degli italiani». Peppino Calderisi conta e ridacchia: «È la carica dei 101. 101 franchi tiratori». «Un tonfo, è la dimostrazione che le prove di forza non pagano», dice l'ex presidente del Senato Renato Schifani che poi aggiunge che: «Adesso tocca al centrodestra fare una rosa di nomi». Alfano twitta: «Non basta dire che non ce l'ha fatta. Ha fatto un flop clamoroso».
Mentre in Transatlantico si segue lo scrutinio sul grande schermo e la Boldrini continua a leggere i nomi «Rodotà» e «Cancellieri», entrambi con più voti rispetto ai propri sponsor, i parlamentari pidiellini ghignano: «Qui c'è la mano di Baffino... Un genio! E non ha neppure lasciato le impronte digitali...». In tanti sostengono che dietro l'esercito di franchi tiratori del Pd ci sia la regia occulta di Massimo D'Alema, nome che non dispiacerebbe a tanti pidiellini e che provocherebbe ulteriori terremoti nel Pd. Insomma, i berlusconiani esultano a tarda sera. E dire che la mattina era cominciata con tutt'altro mood. Pive nel sacco e rabbia. Prodi sembrava cosa fatta, con tutte le conseguenze del caso, sintetizzate dall'ex ministro Sacconi: «Con lui al Colle si accentuerebbe il conflitto fuori e dentro il Parlamento. Sarebbe un Vietnam parlamentare e il voto più vicino». E pure Schifani, in Transatlantico, diceva amareggiato: «Ha prevalso la logica dello scontro. E il rischio è che Rodotà si ritiri domani dando il lasciapassare ai grillini di convergere su Prodi». Ma chi l'avrebbe detto che il Professore avrebbe preso così pochi voti tanto da bruciare il suo nome? Non certo Alessandra Mussolini che nel primo pomeriggio, terrorizzata dall'ipotesi di vederlo al Quirinale, girava con una maglietta con su scritto: «Il diavolo veste Prodi».
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