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Il gran rifiuto di Schifani: niente firma per il Cav

Voltafaccia dell'ex berlusconiano passato a Ncd. Ora critica la mobilitazione per la grazia al Cavaliere: "Inopportuna"

Il gran rifiuto di Schifani: niente firma per il Cav

Roma - Quando Renato Schifani se ne stava acquattato nel Pdl, con i galloni di capogruppo al Senato cuciti al petto da Berlusconi, difendeva Berlusconi. Mai con troppo entusiasmo, a dir la verità: intuendo che la magistratura sarebbe riuscita a sbatter fuori dal Parlamento il timoniere del centrodestra, Schifani ha pensato di scendere da Forza Italia per salire sulla zattera dell'Ncd. E tanti saluti al Cavaliere: arrivederci e grazie. Anzi, senza «grazie» e senza neppure «grazia». Un salvagente per Berlusconi da parte del capo dello Stato? Sia mai. Schifani glielo nega in un'intervista a Repubblica. Lo fa democristianamente: «Purtroppo Berlusconi è incandidabile», dice. Sì, dice proprio «purtroppo» come quando i vecchi democristianoni si chiamavano tutti «amici» ma poi si accoltellavano alle spalle. E Schifani, nonostante il «purtroppo» iniziale, la lama la affonda così: «A breve sarà dichiarato interdetto dalla Cassazione».

Chissenefrega se la sentenza è arrivata nel modo in cui tutti sanno. Chissenefrega se la giunta per le autorizzazioni del Senato, da lui presieduto sempre grazie a Berlusconi, ha cacciato l'ex premier fuori da palazzo Madama senza nemmeno valutare i dubbi di illustri giuristi, anche di sinistra. Persino Violante s'era detto scettico e per questo si prese pure un gavettone in testa. Niente. Schifani fa spallucce perché conta altro: «Non si vedono altri candidati premier in Forza Italia». Ecco cosa interessa all'ex capo dei senatori del Pdl: c'è un altro uomo, tra gli azzurri, capace di raccogliere tanti consensi quanti ne raccoglieva Berlusconi ora finito in disgrazia? No? E allora chi mi garantisce la permanenza nel Palazzo? Meglio la fuga. E fuga è stata. Ma nel fuggire, guai a lanciare una ciambella di salvataggio al leader che tanto gli ha dato per la carriera politica. La petizione al presidente della Repubblica affinché conceda la clemenza a Berlusconi non avrà la firma di Schifani. Avrà quella della diversamente berlusconiana Nunzia De Girolamo, ma non quella di Schifani. Ecco perché: «La grazia è prerogativa del capo dello Stato e ogni interferenza sarebbe inopportuna». «Interferenza», dice proprio «interferenza». Non solo. A Schifani, seconda carica dello Stato grazie a Berlusconi, non importa se quelli che si prevedono milioni di cittadini che lui dovrebbe rappresentare scriveranno a Napolitano per chiedere la grazia al Cavaliere. A Schifani importa chi porterà gli scatoloni fin su al Colle: «Dovendo promuovere una raccolta di firme forse sarebbe stato opportuno che a farlo fosse stata una figura diversa da chi notoriamente è stata critica se non irriguardosa nei confronti del Quirinale». Insomma, non la Santanchè. E qui non si capisce il senso del suo ragionamento: importa la busta, non il postino.

Poi Schifani parte con la propaganda pro Ncd: «Saremo pure piccoli ma abbiamo un giovane leader capace, designato dallo stesso Berlusconi alla guida del centrodestra». In realtà gli alfaniani nei sondaggi navigano in acqua agitatissime visto che fluttuano tra il 3,5 e il 4,5: alle europee entrerebbero per il rotto della cuffia posto che, per ora, la soglia di sbarramento è prevista al 4%. Peggio ancora se si guarda alla legge elettorale nazionale, l'Italicum, che come licenziata alla Camera prevede uno sbarramento al 4,5%. E infatti Schifani promette battaglia: gli alfaniani faranno di tutto per insabbiarla.

Non va bene il premio di maggioranza; non vanno bene le liste bloccate; non va bene la mancanza delle quote rosa; non va bene che si faccia prima della riforma del Senato.

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