Roma - Nel giorno dei peana a Schifani e alla sua lettera al Foglio è tutto un coro di «bravo, bene, bis». Il Pdl al gran completo, via agenzie di stampa, tributa applausi a scena aperta al presidente del Senato che ha rotto il suo silenzio istituzionale. Ma c’è anche una pattuglia di parlamentari che canta fuori dal coro. Naturalmente Daniela Santanchè, chiamata direttamente in causa come «parte chiassosa del partito, colorita e populista». Santanchè incassa in silenzio? Macché: prende carta e penna e risponde a Schifani, sempre via Foglio: «Secondo il presidente del Senato, Berlusconi dovrebbe “emarginare e allontanare” chi non è d’accordo (incluso se stesso, se necessario), e in cambio, forse, Casini ci degnerà della sua attenzione e l’anno prossimo potremo “riaggregare il blocco moderato”, dopo aver chiesto scusa a Fini perché i giornali del centrodestra hanno scritto la verità sulla sua casetta di Montecarlo». E ancora: «L’Italia muore di tasse. La casa brucia, ma gli incendiari siedono nel governo. Gli sfugge la realtà. Io sto con il popolo». Ma la Santanchè non è la sola a non entusiasmarsi per lo «Schifani in livrea, tutto responsabilità e isituzionalità, applaudito dall’ala ammuffita del partito» (frase di un pidiellino che vuole restare anonimo).
Giorgia Meloni, per esempio, apprezza l’intervento del presidente del Senato se «aiuta il dibattito interno, visto che il Pdl ha 38 di febbre ma può guarire». Tuttavia «non ne condivido in toto l’analisi». Cosa non va giù? «In primis la lettura secondo cui contestare i provvedimenti del governo sarebbe contrastare Grillo con un grillismo d’imitazione». Ecco che il nodo torna al pettine: l’appoggio a Monti. L’ex ministro della Gioventù non si nasconde dietro un dito: «Dico da sempre, e continuo a dirlo, che bisogna rivedere il sostegno a Monti». E sul grillismo: «Vogliamo smetterla di nasconderci? Grillo ha vinto perché l’hanno votato i moderati. Vogliamo sì o no interpretare l’arrabbiatura di chi sostiene il comico? Vogliamo sì o no combattere la deriva oligarchica che ha contagiato tutti i partiti, compreso il nostro?». La ricetta della Meloni: «Il Pdl si risolleva se è coerente con se stesso, se premia il merito e torna a lanciare temi cari al suo elettorato». Anche Fabio Rampelli, vicino alla Meloni, la pensa così e sul partito dice: «Io, da antimontiano dichiarato, dico: puoi decidere qualunque cosa per il partito. A patto che tu la faccia. Basta con i continui stop and go. Per esempio, secondo me la battuta di Berlusconi sull’euro non era una battuta. Il problema è lì: la moneta unica e il nostro essere supini in Europa. La gente ci punisce perché non capisce cosa diciamo».
Naso arricciato sulla sobrietà di Schifani anche da parte dell’ex ministro Matteoli, campione del «basta Monti»: «Una volta i presidenti del Senato stavano zitti. In ogni caso ha sbagliato i toni». Per Matteoli l’appoggio al governo è deleterio sia per l’Italia sia per il Pdl: «Non possiamo continuare a votare tutto». E Nunzia de Girolamo avverte su Twitter: «Se il governo porta in aula un altro provvedimento che prevede aumento delle tasse voto contro!». Anche il matteoliano Maurizio Bianconi non ne può più: «Un errore criticare l’Imu? No: l’errore è stato votarla».
Insomma, più che fare i «responsabili» e appoggiare il governo, come indica Schifani, molti pidillini chiedono un colpo d’ala sui contenuti. Come Giorgio Stracquadanio: «Mancano gli obiettivi. Non possiamo dire sempre e solo no. E poi occorre superare anche il nodo pro/contro Monti. Facciamo pressing serrato con proposte. Facciamo sentire al Professore il fiato sul collo». Come? «Sbattiamo sul tavolo un progetto di tagli alla spesa pubblica di 80 miliardi.
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