Roma - Le scorie della sortita portata avanti dagli «alfaniani» a Palazzo Madama sono tutt'altro che smaltite. La lettera contro il voto palese inviata a Pietro Grasso e sottoscritta da 22 senatori «governativi» ha lasciato il segno. E così anche il giorno dopo punture di spillo e proteste continuano a risuonare dentro un Pdl che fatica a uscire dallo schema «innovatori» (la corrente dei ministri) contro «lealisti» (la componente di maggioranza che si riconosce nella leadership di Silvio Berlusconi e nel documento votato dal recente Ufficio di Presidenza).
«La gara delle distinte solidarietà è ridicola e provocatoria» stigmatizza Maurizio Gasparri. «Pensiamo a rimanere uniti». «Distinguere fra gli interessi del Paese e la vicenda del presidente Berlusconi è un sofisma, un arzigogolo concettuale fragile e inappropriato» dice Osvaldo Napoli. «Nessuno oserà mettere in dubbio che fra gli interessi indisponibili di una democrazia c'è una giustizia amministrata secondo principi di imparzialità e terzietà». E Sandro Bondi denuncia il pericolo di minare gli equilibri stessi del gruppo con queste iniziative. «A mio avviso, la nuova raccolta di firme fra i parlamentari del Pdl per chiedere il voto segreto, delegittima di fatto il ruolo del nostro capogruppo, l'amico Renato Schifani». Una dichiarazione che gli vale l'accusa di «strasbismo politico» da parte della senatrice, Federica Chiavaroli, schierata con i «governativi», che contesta ai lealisti analogo peccato di «correntismo».
Il duello tra i due fronti, peraltro, potrebbe presto prendere corpo e forma anche nella commissione Bilancio del Senato dove da lunedì si inizierà a discutere della legge di Stabilità. L'indicazione di Berlusconi è chiara: «Non voterò mai un provvedimento che preveda nuove tasse». Una indicazione trasmessa chiaramente ad Angelino Alfano. Come si comporteranno i senatori «innovatori» e quelli «lealisti» là dove il testo prenderà forma? Nella commissione Bilancio gli «alfaniani» sono il presidente Antonio Azzollini, Antonio D'Alì e Federica Chiavaroli. I «lealisti» sono Cinzia Bonfrisco, Remigio Ceroni, Antonio Milo, Antonio Scavone di Gal, con l'aggiunta di Andrea Mandelli (presidente dell'ordine dei farmacisti). Martedì per affilare le armi ci sarà un nuovo incontro tra i presidenti delle commissioni economiche del Pdl - Azzollini e Daniele Capezzone - con i capigruppo per definire una strategia. I «berlusconiani doc» per evitare scherzi puntano a una convocazione plenaria dei gruppi giovedì in modo che vengano impartite indicazioni precise sulla necessità di tirare fuori le unghie, senza cedimenti.
«Parliamoci chiaro: la legge di Stabilità va sostanzialmente riscritta» spiega Cinzia Bonfrisco. «Così com'è propone poco oltre il galleggiamento, va a colpire il ceto medio che continua a essere dissanguato e mostra indulgenza verso i tagli alla spesa improduttiva, in realtà non più rinviabili». «Auspico che tutti remino nella stessa direzione, quella della riduzione di spesa» continua la senatrice veneta «perché questo è il mandato che abbiamo ricevuto dai nostri elettori. Sarebbe un grave errore non essere compatti e uniti in un passaggio così strategico». Un monito sposato in pieno dal presidente della commissione Finanze della Camera. «Ci sono stati colleghi, anche ministri, che quando venne presentata difesero la legge di Stabilità» ricorda Daniele Capezzone. «Alcuni di noi, invece, fin dall'inizio lanciarono un grido d'allarme, denunciando che il provvedimento conteneva più spesa, più tasse e una vera e propria stangata sulla casa. Qui non si tratta di imbracciare il fioretto e fare interventi di piccola cosmesi sulla signora Stabilità ma di prendere la sciabola. Le tasse non possono aumentare. Se qualcuno non è d'accordo ha l'onere di spiegarlo agli italiani.
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