Roma - È la «conta» che a parole tutti vogliono evitare. La prova muscolare tra «lealisti» berlusconiani e «innovatori» alfaniani che potrebbe sancire in maniera chiara gli equilibri interni e definire una maggioranza e una minoranza nella nuova Forza Italia, attraverso una misurazione chiara della rappresentanza sul territorio. Un rito a cui il partito nato nel 1994 è sicuramente poco avvezzo, essendo abituato da sempre a combattere in anticipo le proprie battaglie interne per poi ritrovarsi a celebrare l'unità attraverso una mozione unitaria, nel nome di Silvio Berlusconi. Questa volta, però, se non si riuscirà a trovare la quadra, le due correnti potrebbero davvero ritrovarsi a fronteggiarsi in una sfida in campo aperto nel Consiglio Nazionale inizialmente fissato per l'8 dicembre ma per il quale è nell'aria una convocazione anticipata, forse al 16 novembre.
Il termometro degli umori e dei consensi a poche settimane da questo appuntamento, vissuto da molti come un redde rationem, segna un verdetto già scritto, con la sicura vittoria dei «lealisti». Sui numeri aleggia ancora un buon margine di dubbio, alla luce di mille fattori concomitanti: da quelli psicologici legati al legame di affetto e riconoscenza di (quasi) tutti i rappresentanti del Pdl verso Silvio Berlusconi alla volontà di altri, in particolare gli ex An, di lavorare per evitare spargimenti di sangue e ricostruire i ponti tra le due fazioni. In ogni caso una stima plausibile dà i lealisti in fuga con circa 610-620 delegati sugli 800 del Consiglio nazionale. Di questi tra i 480 e i 490 sono ex forzisti, 120-130 ex An. Gli alfaniani si attestano su quota 150 e poi resiste una quota di indecisi. Naturalmente queste proporzioni potrebbero ancora cambiare visto che falchi e colombe continuano a raccogliere le firme sui loro rispettivi documenti politici e le sfumature correntizie non mancano. Ma se i numeri fossero confermati, gli uomini provenienti da Alleanza Nazionale fanno intendere che potrebbero pretendere una rappresentanza equivalente a quella degli «innovatori» all'interno del partito. Come dire: se i nostri delegati sono numericamente pari ai «governativi» perché non dovremmo pretendere anche noi un coordinatore così da essere tutelati al momento della formazione delle liste?
La mappa dei consensi nelle regioni dà gli «innovatori» in vantaggio certo soltanto in Sicilia, anche se Saverio Romano e Gianfranco Miccichè stanno recuperando consensi. La Calabria è in bilico. Su 45 aventi diritto, «alfaniani» e «berlusconiani» sostanzialmente si dividono i consensi e la differenza potrebbero farla gli indecisi. Qui, però, il governatore Scopelliti sta lavorando per far confluire tutti i delegati in un documento unico ( già siglato da 40).L’altra regione in cui la distanze non sono troppo ampie è il Lazio. Qui i «lealisti» guidati da Tajani, Gasparri e Polverini sono attorno a quota 30-35 mentre sull’altro fronte Cicchitto e Augello si attestano tra i 17 e i 20 delegati. Praticamente in tutto il resto del territorio il rapporto è di 70 a 30 o anche di 80 a 20. Nelle grandi regioni il divario è incolmabile. La Puglia di Fitto, la Campania di Carfagna, Nitto Palma e Caldoro (che ha consegnato la sua firma nelle mani di Berlusconi per non alimentare divisioni) la Toscana di Verdini e Matteoli e la Sardegna assomigliano a un monocolore «berlusconiano».
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