Il primo comunicato congiunto diffuso da Alitalia ed Etihad segna una tappa importante: a circa un anno dalle prime indiscrezioni si può dire che l'accordo tra le due compagnie ha raggiunto ieri il punto di non ritorno. I dettagli si vedranno nelle prossime settimane e solo la presentazione del nuovo piano industriale di Alitalia farà capire il potenziale di sviluppo che il nuovo socio di maggioranza (relativa) vorrà imprimere alla compagnia italiana. Per ora si intuisce che le condizioni poste da Abu Dhabi sono state tutte accolte: societarie, finanziarie e di sistema.
Oggi si può dunque provare a capire quali sono i «pro» e i «contro» di questa operazione tanto attesa, chi vince e chi perde, e quali incognite restano da sciogliere.
CAPITALI FRESCHI
A prima vista gli elementi positivi superano di gran lunga quelli negativi. Con il denaro fresco degli arabi e con la croce tracciata sui propri debiti, Alitalia può affrontare una nuova vita superando quella sottocapitalizzazione che ha rappresentato il peccato originale del progetto Cai. L'obiettivo sarà quello di dare maggiore connettività all'Italia verso il mondo, con più aerei e più destinazioni. Gli aeroporti di Roma e di Abu Dhabi saranno i due poli di un sistema che permetterà ai passeggeri italiani di muoversi con maggiore efficienza. A differenza di un'acquisizione da parte di Air France, che per anni è parsa la soluzione più naturale, Alitalia, con Etihad, mantiene autonomia e dignità, nell'interesse dei consumatori italiani. Il disegno di Air France era invece quello di trasformare Alitalia in una semplice sussidiaria, con il compito di alimentare l'hub di Parigi.
ESUBERI
Sicuramente c'è chi ci perde: in primis quell'esercito di dipendenti di terra e di volo che perderanno il posto di lavoro. Una struttura più leggera servirà a pilotare meglio un'azienda che per tanti anni ha risposto a logiche spesso lontane dall'obiettivo dell'efficienza. I lavoratori in eccesso saranno sostenuti com'è avvenuto nel 2008 e come avviene negli altri casi di crisi aziendali; pagherà, in gran parte, il contribuente che sotto questo profilo appare un altro soggetto perdente.
BANCHE E AEROPORTI
Nella colonna dei perdenti vanno iscritte le banche creditrici, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps e Popolare di Sondrio; le prime due sono anche nel capitale di Alitalia. Dovranno far digerire ai propri azionisti la perdita secca che comporterà la ristrutturazione dei crediti alla compagnia. Tra i perdenti, anche Malpensa e il Nord Italia. L'allentamento delle regole all'aeroporto di Linate permetteranno ad Alitalia di organizzare in maniera più redditizia il proprio network dal city-airport milanese; ma ciò, direttamente e indirettamente, andrà a scapito dell'ex-hub, ormai caratterizzato soprattutto dall'offerta low-cost. In questo disegno si può riconoscere anche un segnale della concorrenza di Etihad verso la «cugina» Emirates, che invece a Malpensa in questi anni ha investito in termini di strutture e di prospettive.
RYANAIR
Se, in base alle richieste di Etihad, sarà rivisto anche il rapporto «drogato» tra Ryanair e vari aeroporti italiani, i consumatori potrebbero essere costretti ad abituarsi a tariffe meno stracciate del passato. Ma sono anni che tutte le compagnie lamentano la concorrenza sleale di chi è finanziato dagli scali, portando anzi qualche società di gestione (un esempio: Verona) sull'orlo del collasso. Che l'Italia si dia delle regole a tutela del mercato è un fatto soltanto positivo; duole piuttosto che lo faccia su richiesta (e sotto ricatto) di un operatore straniero, e che non abbia saputo decidere in proprio. Un'altra richiesta sta andando a buon fine: il collegamento Termini-Fiumicino con il Frecciarossa: occorreva Etihad, gli italiani da soli finora, evidentemente, non sono bastati.
L'UNIONE EUROPEA
Sull'accordo Alitalia-Etihad pesa l'incognita dei possibili ricorsi all'Unione europea perché l'ingresso degli arabi, per quanto formalmente di minoranza, nella sostanza potrebbe rivelarsi un vero controllo; anche Air France, che pur è alleata sia di Alitalia sia di Etihad, appare piuttosto stizzita.
I ricorsi quasi sicuramente ci saranno, ma non si possono tacere due cose: che le diplomazie italiane e
arabe devono aver ampiamente sondato Bruxelles prima di annunciare il futuro accordo, e che il governo di Abu Dhabi, grazie al potere del petrolio, difficilmente verrà contrastato se non con motivazioni molto approfondite.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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