Il giorno prima era stato il re Juan Carlos a lanciare un appello preoccupato: in una lettera aperta il sovrano avvertiva: «il peggio che possiamo fare è dividere le forze e accentuare il dissenso». Non ha specificato Juan Carlos, ma sembrava chiaro a tutti che il messaggio fosse proprio rivolto ai catalani. Ieri- a riconferma- è stato il turno di Mariano Rajoy che, parlando ai leader politici della Catalogna, ha parlato di «responsabilità» e «unità nazionale». Un discorso accorato e disperato, fatto alla vigilia di una riunione con il presidente della regione autonoma Artur Mas, che chiede l'indipendenza fiscale.
La Spagna in crisi è una preda fin troppo ghiotta per i separatisti che fanno leva sull'insoddisfazione generale. Mariano Rajoy ha paura. La Spagna annaspa, l'economia non decolla, il Paese fa fatica, le tredicesime ai lavoratori negate, la disoccupazione che non accenna a diminuire, le banche che rischiano di fallire. E ora la Catalogna, che affonda i denti e azzanna una Madrepatria impoverita, che preme, con l'obbiettivo di dividersi, di fare da sè. Oggi come non mai, la voglia di essere indipendenti cresce. La Catalogna ci crede, forse ancora più di prima, come dimostrano le immagino dell'11 settembre scorso, quando circa un milione di catalani si sono riversati in strada, riempito le piazze per una manifestazione indipendista. Il governatore Artur Mas ha annunciato la firma di un'intesa per creare l'embrione di un ministero catalano del Bilancio regionale.
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