India, ultimatum dei maoisti Paura per i due italiani rapiti

India, ultimatum dei maoisti Paura per i due italiani rapiti

Rischiano la vita Paolo Bosusco e Claudio Colangelo, i due italiani (il primo gestore di un’agenzia di viaggi locale e il secondo medico in viaggio di studio) sequestrati mercoledì (e non sabato come si era creduto) dai guerriglieri maoisti nello stato indiano dell’Orissa. Dopo aver assicurato in un primo momento di non avere intenzione di fare del male ai suoi ostaggi, il capo locale dei ribelli Sabyasachi Panda ha posto tramite una registrazione audio un ultimatum a New Delhi (già scaduto ieri sera) con una serie di stringenti richieste da soddisfare in cambio della liberazione dei prigionieri. «Se il governo non le accoglierà - dice il capo regionale dei cosiddetti naxaliti, i maoisti indiani - non potremo farci niente se i due ostaggi perderanno la vita. L’unico responsabile sarà il governo che continua a sfruttare la regione con l’oppressione e con il business del turismo illegale».
Sembra comunque che le autorità dell’Orissa intendano andare incontro alle richieste dei maoisti, tanto che ieri il console generale italiano a Calcutta, Joel Melchiori, che è incaricato di mantenere i contatti con il governo locale con l’obiettivo di una rapida soluzione della vicenda, ha detto che «le cose sembrano bene avviate». Melchiori è in costante contatto col ministro degli Esteri Terzi, che a sua volta tiene informato il premier Mario Monti sugli sviluppi della vicenda. E secondo le autorità dell’Orissa, la disponibilità da loro manifestata dovrebbe essere sufficiente a far sì che l’ultimatum non sia più considerato valido.
Ma cosa vogliono i «naxaliti»? Le loro richieste sono elencate in ben tredici punti, ma si possono sintetizzare nello «stop immediato alle oppressioni e ai rastrellamenti» e nella liberazione di tre detenuti: tra loro c’è la moglie di Panda. Il primo punto fa riferimento alla Green Hunt, l’operazione militare con cui il governo indiano, dopo che nel 2009 i guerriglieri maoisti avevano ucciso oltre 600 persone, da due anni dà la caccia ai naxaliti in cinque stati dell’immensa federazione indiana: e ieri pomeriggio è stato comunicato dal governo che Green Hunt è stata sospesa.
Tra le pretese dei maoisti indiani c’è quella di agire per tutelare la dignità delle popolazioni povere delle regioni rurali. Per questo, riferendosi al sequestro di Bosusco e Colangelo, Sabyasachi Panda dichiara che i suoi armati hanno «arrestato due turisti italiani che, come centinaia di altri stranieri, trattano le popolazioni locali come scimmie».
La zona isolata e forestale in cui i due italiani sono stati sequestrati è un luogo pericoloso. Lo stesso sito «Viaggiare sicuri» del ministero degli Esteri ammonisce: «Si sconsigliano i viaggi nell’interno dello Stato di Orissa e nelle zone rurali, in particolare nei distretti di Kandhamal e Bargarh». Il Kandhamal, dove si è verificato il rapimento, fa parte del cosiddetto «corridoio rosso» controllato dalla guerriglia maoista ed è uno dei focolai della tensione tra i fondamentalisti indù e la minoranza cristiana, vittima nel 2008 di violenze organizzate contro chiese e scuole, culminate con l’uccisione di 16 persone e lo sfollamento di decine di migliaia di residenti.
Secondo la polizia dell’Orissa Paolo Bosusco, il 54enne di Condove in Val di Susa (Torino) che dal 2001 gestisce con un collega indiano nella città di Puri (dove risiede otto mesi l’anno) l’agenzia «Orissa Adventurous Trekking» e il suo cliente romano Claudio Colangelo, di 61 anni, sarebbero giunti nella località di Daringibadi e qui la polizia li avrebbe messi in guardia sulla presenza di guerriglieri maoisti nella zona: loro avrebbero assicurato che non si sarebbero addentrati. Sono poi stati sequestrati da un commando che, secondo il racconto dei due accompagnatori indiani in seguito rilasciati, era composto da circa 30 guerriglieri.
Bosusco, peraltro, risulta essere un esperto della realtà locale e non corrisponde al ritratto di cinico sfruttatore che fanno i maoisti di chi vi conduce turisti: il sito della sua agenzia dichiara l’intento di interferire il meno possibile con le popolazioni tribali, senza organizzare esibizioni a pagamento.

Colangelo è invece un medico che lavora in un istituto di ricerca a Roma, impegnato in progetti internazionali per affrontare i problemi legati a situazioni di povertà. È sposato, ha due figli di 35 e 32 anni, e i suoi colleghi lo descrivono come una persona «molto impegnata nel sociale».

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