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Italiano rapito all'estero? Fategliela pagare

In Francia, Germania e Svizzera gli ex ostaggi rimborsano il salvataggio. Da noi la norma c'è (ma non si vede...)

Italiano rapito all'estero? Fategliela pagare

Turista fai da te? Ahiahihai. Numeri certi non ci sono, perché le cifre - ovviamente - restano nascoste nella cortina fumogena delle trattative occulte di governi e servizi segreti. Ma il turismo a rischio dei nostri Indiana Jones fa più danni delle cavallette. Riscatti, costi di rimpatrio, spese sanitarie e per il personale diplomatico e dell'intelligence. Lo Stato paga (quasi) sempre. E tanto. Alla fine, c'è pure quell'insostenibile strafottenza di chi, appena messo piede sul suolo patrio fa il segno della vittoria. Senza parlare di quanti, poi, sputano sul piatto del Paese che li ha salvati. In Svizzera e in altri (più seri) Paesi quest'andazzo non è tollerato. Il Dipartimento federale degli Affari esteri elvetico proprio l'altro giorno ha deciso di farla «pagare» a un poliziotto di 31 anni, Olivier David Och, e un ex agente di 28, Daniela Widmer, sequestrati in Pakistan: al loro ritorno in patria ad attenderli non c'era la fanfara ma un'opinione pubblica parecchio incazzata. Inizialmente gli hanno chiesto 8mila euro a testa. Poi la pena s'è tramutata in un servizio «sociale»: spiegare ai ragazzi delle scuole quant'è pericoloso (stupido, costoso e inutile) fare viaggi a rischio. Una scelta che fa il paio con quella della Corte suprema svizzera che anni prima aveva condannato tre testimoni di Geova finiti sul sul Monte Ararat a caccia dell'Arca di Noè, a rimborsare le operazioni di soccorso per 15mila euro. In realtà, anche il codice del turismo italiano prevedrebbe una norma del genere, ma non è mai stata applicata. Né è mai stata discussa la proposta che l'allora presidente del Copasir Rutelli avanzò per far pagare le spese ai vacanzieri spericolati. Da noi non solo nessuno paga ma spesso si fa a gara a preannunciare un ritorno all'inferno. Nel 2008 cinque turisti italiani rapiti nello Yemen subito dopo la loro liberazione assicurano che presto torneranno in quel Paese facendo imbestialire il Codacons che chiederà alla Corte dei conti di sequestrargli i beni per 600mila euro. Due anni prima altri 19 connazionali finiscono nei guai in Niger: una volta liberi ricorderanno con nostalgia le battute di caccia insieme ai sequestratori. E che dire della guida turistica Paolo Bosusco che ha definito il suo recente rapimento in India «trenta giorni di vacanza». Per ogni rimpatrio, lo Stato spende circa 100mila euro. E se proprio non ci si vuole rifare alla Svizzera, qualche altro modello c'è. In Germania un gruppo di turisti rapito nel deserto algerino è stato condannato a rifondere allo Stato i soldi versati addirittura per il riscatto. E la Corte di appello di Berlino, sulla stessa lunghezza d'onda, ha deciso che una fisioterapista 35enne dovrà staccare un assegno da 12.640 euro per l'elicottero grazie al quale fu salvata nel 2003 in Colombia. In Francia un progetto di legge prevede che i turisti fai-da-te salvati dai guai il «rimborso di tutte o di una parte delle spese sostenute per operazioni di soccorso all'estero a beneficio di individui che si sono esposti deliberatamente al rischio». In Giappone, nel 2004, tre cittadini liberati dai terroristi in Iraq non solo chiesero scusa al Paese per aver messo in pericolo le loro vite e quelle dei soldati giapponesi presenti in Medioriente ma vennero anche chiamati a pagare il conto di spese mediche e viaggi aerei. C'è poi chi, nelle mani dei rapitori, ci finisce perché nelle aree a rischio (Iraq, Afghanistan, Africa nord occidentale e Centro America secondo i dati del sito viaggiaresicuri.it) ci va per lavoro, o in missione umanitaria. E qui, il discorso, è diverso. Ma non tanto. L'ultimo ostaggio liberato è stata Rossella Urru, rapita in Mali e rimasta nelle mani degli ostaggi per 9 mesi. Anche lei non ha resistito e ha promesso: «Tornerò in Africa». Per il suo rilascio, si è parlato di un riscatto di 15 milioni di euro (rispetto ai 30 richiesti in un primo momento). Perché anche se non si deve dire, in certe aree se non paghi sottobanco non torni a casa. Una traccia sulle trattative coi terroristi islamici, i carabinieri del Ros l'avevano trovata in intercettazioni in cui si quantificava in 5 milioni il riscatto delle due Simone (Pari e Torretta). Si è parlato di milioni pagati per Giuliana Sgrena del Manifesto, per il fotoreporter Gabriele Torsello (2 milioni di euro) e per tantissimi altri. Non lo sapremo mai.

Ma se proprio non riusciamo a fargliela pagare, si faccia una legge per chi ha salvato la pelle: che taccia per sempre.

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