«Dall'alcol non si esce, lo si può solo sospendere». Un po' come per l'anoressia, con quella punta di malato, folle autocompiacimento nello sfiorarsi le ossa giorno dopo giorno, perché nessun cibo, per quanto ottimo, darà mai tanto piacere quanto il fatto di sentirsi magra da morire. Ci sono smerigliature che non s'aggiustano, il rapporto con il cibo, quella tentazione vigliacca e tenace di assumere «coraggio liquido» per placare l'ansia o sentirla meno. Mauro Corona lo sa bene, visto che nel corso della sua vita si è bevuto il lago di Como, in termini di vino. E infatti con il suo libro (Guida poco che devi bere, Mondadori, 105 pagine, 12 euro) non cerca di dissuadere nessuno, non pensa di salvare nessuno e tantomeno vuole mettersi a fare lezioncine sterili. Lui che l'alcol lo conosce dal fondo del bicchiere non si illude e non vuole illudere. Quello che gli piacerebbe fare è «insegnare» ai giovani a bere, a farlo senza distruggersi o mettersi in pericolo. Non invita all'astinenza, Corona, ma alla cauta bevuta, perché sa che l'alcol è una montagna da scalare con prudenza. Arrampicato com'è stato per anni al contrario nella vita (tra le tante cose che è Corona, oltre che uno scrittore è anche un provetto alpinista), si sente di dare un unico, grande consiglio: «fate come vi pare, ma non cancellate con l'alcol le vostre tracce». Però è generoso di indicazioni, trucchi, prudenze provati in prima persona. I suoi sono quasi comandamenti. Perché se proprio si deve entrare nel club dei fegati infranti, tanto vale sapere come limitare i danni e cosa può succedere e come godersi la propria trasgressione. E fa bene l'autore, perché non demonizzare il nemico è il modo migliore per abbatterlo.
Parla «ai giovani» (termine insopportabile ma necessario) come si deve parlar loro: avvicinandosi. Da dietro la cattedra si è sempre troppo lontani e sempre troppo odiosi.
Se proprio dovete trincare evitate di mischiare vari tipi di bevande, non sorbite mai nulla di troppo freddo, mangiate qualcosa per accompagnare il vostro drink, optate per il vino (possibilmente rosso) e non scendete mai di gradazione. Guai a salire in macchina con sconosciuti alticci (anche con conosciuti alticci) evitate di perdere il controllo, non fatevi scrupoli a chiedere aiuto (anche ai vostri genitori).
L'alcol tace, non risponde alle provocazioni, aspetta il suo momento perché sa che vi rivedrà, che tornerete dopo aver dimenticato una brutta sbornia. È una vipera che sa come colpire, sappiate almeno come difendervi. «Il vino va masticato. Va preso adagio, tenuto in bocca come un pezzo di pane, insalivato, fatto girare tra i denti, valutato con la lingua. E solo alla fine inghiottito».
Non tracannatevi di tutto solo per cercare di non capire più niente. Si può iniziare a bere per un milione di motivi, ma tanto è sempre davanti a se stessi che ci si ritrova a fumi spenti, con la testa che sembra staccarsi all'indietro, lo stomaco che si ribella, le tempie che pulsano e quel milione di motivi che sta sempre lì: ma meno a fuoco di prima. Corona se li ricorda ancora gli anni ruggenti della sua gioventù, ricorda esattamente il momento in cui hanno iniziato ad essere «raglianti» e siccome alla fine gli è andata bene lo stesso, anche dopo ettolitri di vino rosso, ha deciso di voler provare ad aiutare gli altri.
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