Tanta rabbia e proposte da manicomio

Non è in discussione ciò che il Movimento 5 Stelle dice per bocca del proprio leader, ma ciò che eventualmente sarebbe in grado di fare

Tanta rabbia e proposte da manicomio

Beppe Grillo e i grillini imperversano. Dominano nelle piazze e anche in tivù benché evitino con cura di partecipare ai talk show elettorali. Non c'è dubbio: sono simpatici, burloni, divertenti. Non solo: le parole del guitto ligure vanno quasi sempre a bersaglio, descrivono una realtà sotto gli occhi di tutti, centrano il cuore di tanti problemi che affliggono l'Italia. Non è quindi in discussione ciò che il Movimento 5 Stelle dice per bocca del proprio leader, ma ciò che eventualmente sarebbe in grado di fare.

Molto facile accusare l'Europa di essere una trappola nella quale ci dibattiamo senza riuscire a liberarci. Facile anche affermare: l'euro è un bidone, ha impoverito i cittadini e seguita a impoverirli. Meno facile, anzi difficilissimo, spiegare come sia possibile tornare alla vecchia e gloriosa liretta, precisando quale piano si intende adottare per non peggiorare la situazione, già abbastanza critica.
Grillo sostiene che sia indispensabile dare 800 euro al mese a chiunque non abbia un lavoro, in modo da garantire a tutti la sopravvivenza. Un'idea magnifica. Ma irrealizzabile se non si specifica dove andare a prendere i soldi per adempiere a un simile gravoso impegno. Il guitto ha forse ragione quando liquida la classe politica definendola una banda di ladri inidonei a guidare il Paese se non conducendolo verso il fallimento. Lo pensano in molti, probabilmente la maggioranza che, difatti, è pronta a sottoscrivere ogni imputazione rivolta ai parlamentari in uscita e in entrata.
D'altronde, quando le cose vanno male - in questo momento vanno malissimo - una voce che denunci le storture e le inadeguatezze del sistema non solo viene ascoltata dalla massa, ma si trasforma presto in un grido corale che scuote il Palazzo. Palazzo che in effetti traballa terrorizzato dalla protesta urlata dall'inimitabile guitto. Al punto che il povero Mario Monti, continuatore dell'opera di demolizione economica iniziata dai cosiddetti europeisti, spaventato dal successo piazzaiolo di Grillo, lancia messaggi di pace: caro Beppe, mettiamoci d'accordo, nel prossimo governo di centrosinistra ti garantiamo un posto da ministro tecnico. Lo stesso, in altra forma, fa Pier Luigi Bersani, illudendosi che sia sufficiente una cadrega per ammorbidire, e utilizzare ai propri fini, il condottiero del Movimento 5 Stelle.

È evidente: la casta ha paura di lui, della sua crescita (nella considerazione della gente) tale da minacciare la governabilità. L'apparato politico tradizionale, in questi ultimi giorni di campagna elettorale, durante i quali si assiste all'inarrestabile ascesa dei grillini, mostra la propria debolezza: non è in grado di opporsi all'antipolitica e tenta di sedurne i promotori allo scopo di integrarli, depotenziando la loro carica esplosiva. Centristi e democratici si illudono di riuscire ad arginare l'ondata protestataria; ma chi la cavalca è consapevole di doversi agitare ancora di più per non dissipare il proprio patrimonio di consensi. Gli scontenti vogliono essere rappresentati da uomini che si scagliano contro il potere, non che trattino con esso per strapparne una fettina.
Guai se Grillo accettasse un negoziato con coloro che combatte, perderebbe di colpo la propria credibilità. Se il risultato della consultazione gli fosse favorevole, la prossima legislatura si profilerebbe drammatica per i sensali dei partiti «storici». Nessun governo, avendo sul collo il fiato del M5S, avrebbe la serenità per attuare un sia pur modesto programma. Qualsiasi opposizione in genere è poco malleabile, figuriamoci un'opposizione grillina eterodiretta dal comico istrione. Qualcuno si eccita all'ipotesi che il nuovo Parlamento sia ingestibile e che l'intero impianto istituzionale vada a rotoli; non manca mai chi sogna di delegare il compito di fare la rivoluzione a un gruppo di volontari, e di godersi lo spettacolo in tivù, comodamente seduto in poltrona e in ciabatte.

C'è un precedente. Nel 1992-'93, quando infuriava Mani pulite e la Lega minacciava sfracelli, una parte cospicua dell'opinione pubblica confidava in un sovvertimento dell'ordine costituito e vagheggiava la Seconda Repubblica. Si è visto com'è andata a finire. Nulla è mutato, se non in peggio. Con Grillo siamo di fronte a un fenomeno analogo: parecchi cittadini nauseati dallo statu quo puntano a distruggere il presente ma non sanno quale futuro desiderano né con quali mezzi costruirne uno. Il limite del Movimento Spaccamonti è questo: azzeriamo tutto, poi qualche santo provvederà. Peccato che i santi non provvedano. Cosicché il rischio è che il Paese caschi dalla padella, in cui sta bruciando, e finisca direttamente nella brace dove non potrebbe che ridursi in cenere. È vero. Ci stiamo incamminando per raggiungere la Grecia nell'abisso. Monti col proposito di salvarci ci ha costretti in ginocchio davanti ad Angela Merkel, e la reazione di Grillo è giustificata. Ma non basta dire usciamo dall'Europa e dall'euro per rimediare. Bisogna specificare come. Non basta dire non paghiamo il debito pubblico e chi ci ha prestato il denaro si arrangi. Salterebbero per aria le banche. E nelle banche ci sono i nostri risparmi, anche quelli di Grillo, suppongo.

Indicare i problemi è un merito: ma se non indichi le soluzioni sei un velleitario. Ti conviene andare a nasconderti. In questo momento non si sente l'esigenza di un bravo predicatore, ma di qualcuno che razzoli bene. Niente altro, e così sia.

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