RomaAlla fine le colombe pidielline disinnescano la bomba: sul mercato del lavoro sarà via libera al provvedimento Fornero, ma con un ultimatum: caro Monti, diciamo di sì al tuo provvedimento ma dopo lo modifichi; e soprattutto vai a Bruxelles a sbattere i pugni sul tavolo. La bomba è quel documento redatto dallex ministro Brunetta con il quale si boccia su tutta la linea il decreto Fornero. Inizialmente il testo brunettiano era stato firmato da una trentina di deputati, ma poi sè deciso di fermare la raccolta. «Nel mantenere il no alla fiducia al disegno di legge Fornero, Renato Brunetta e Guido Crosetto dichiarano di interrompere la raccolta delle firme, per non mettere in imbarazzo i vertici del Pdl, dato il loro elevato numero». Questa la nota ufficiale dei capi dei malpancisti.
Ma cosa diceva il decalogo antiforneriano? Che la disoccupazione sta aumentando; che per il lavoro non è stato fatto quanto chiesto nella lettera della Bce dellagosto 2011; che bisogna riformare il sistema di contrattazione salariale collettiva; che occorre restituire certezze alle imprese e metterle nelle condizioni di valutare prima costi e benefici dei loro investimenti; che per questi motivi la riforma non piace a tutto il mondo imprenditoriale; che le modifiche allarticolo 18 non danno certezze; che il governo ha ceduto ai veti ideologici del cattivo sindacato. Un testo duro ma condiviso nel merito da quasi tutto il partito. Ma nel metodo sè scelta la linea Alfano: dare a Monti unaltra chance, a patto che poi cambi il suo provvedimento.
Il premier prende tempo ma il conto alla rovescia è iniziato. Il Professore, bisognoso dossigeno per poter andare a Bruxelles con la riforma del lavoro in tasca, lo ottiene. Ma è soltanto una boccata daria. La sua riforma non solo non piace, ma fa acqua da tutte le parti. Nonostante ciò, per senso di responsabilità e per non mandarlo al Consiglio europeo del 28-29 giugno con la pistola scarica, Pdl e Pd diranno sì. Ma il loro consenso è unelemosina tecnica perché poi il Professore sè già impegnato a cambiare quello che non va. E molto non va in questa riforma: ammortizzatori sociali, flessibilità in entrata, esodati. Il «sì» della sua strana maggioranza è solo per poter dire ai partners europei che stiamo facendo i compiti a casa e non dormiamo. Il voto finale della Camera dovrebbe arrivare mercoledì prossimo. A confermare che poi si cambierà è il sottosegretario Michel Martone: «Sarà Monti a indicare la via attraverso la quale dare risposta alle questioni sollevate dalle diverse forze politiche, anche alla luce dei risultati del Consiglio europeo». Già si vocifera che i ritocchi entreranno in un emendamento al decreto sviluppo.
Alfano spiega il senso del voto pidiellino: «Il sì del Pdl alla riforma del mercato del lavoro è un gesto di grande amore per la patria che Berlusconi ha voluto rappresentare - dice il segretario del partito - Il Pdl ha detto sì ad una riforma che non approva, ma lo fa affinché Monti possa andare in Europa a difendere gli interessi dellItalia».
È lì che Monti si gioca molto, se non tutto. Al Consiglio europeo si deciderà il destino delleuro e lesito della gara sembra scontato: si deciderà di non decidere. Due pessimi segnali in questo senso sono già arrivati dalla Merkel. La Cancelliera ha già fatto sapere che il 29, di primo pomeriggio, se ne tornerà a Berlino perché il Parlamento tedesco deve votare lunica cosa che le sta a cuore: il fiscal compact.
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