Per l'Economia ora spunta l'uomo ombra di D'Alema

L'attuale presidente dell'Istat Padoan, ex consigliere di Baffino, insidia Tabellini. In caso di soluzione politica in prima fila ci sarebbe Delrio, braccio destro di Renzi

Per l'Economia ora spunta l'uomo ombra di D'Alema

L' ombra di Massimo D'Alema si allunga di Matteo Renzi. Pier Carlo Padoan pare spuntarla di un'incollatura su Guido Tabellini sul rettilineo d'arrivo del ministero dell'Economia. Padoan, infatti, prima di ricoprire incarichi al Fmi e all'Ocse, era il consigliere economico del D'Alema presidente del Consiglio. Ed uno degli sherpa che contribuì (soprattutto su stimolo della Gran Bretagna di Tony Blair) alla stesura delle conclusioni del vertice europeo di Lisbona del Duemila.
Nemmeno lui, come Tabellini, risponde appieno al profilo che il sindaco ha individuato per il ministro dell'Economia: conosciuto sui mercati, in grado di negoziare uno slittamento del pareggio di bilancio, dimestichezza della finanza pubblica. L'attuale presidente dell'Istat ha una approfondita conoscenza delle organizzazioni internazionali. Tabellini una profonda esperienza accademica. Ma nessuno dei due ha mai condotto negoziati in prima persona a Bruxelles.
In quest'impasse nella scelta (sempre che il premier incaricato non abbia un nome tenuto finora «coperto»; in tal caso, si tratterebbe di un «politico»), riprendono a salire le quotazioni di Graziano Delrio per la poltrona che fu di Quintino Sella. In tal caso, sarebbe affiancato da alcuni viceministri «ad hoc»: uno per i rapporti con la Commissione Ue, uno per il Fisco, uno per i Rapporti con il Parlamento. Lorenzo Bini Smaghi non dovrebbe diventare vice ministro ma direttore generale del Tesoro. Restano alte, invece, le quotazioni di Giovanni Legnini per i rapporti con il Parlamento, anche se l'incarico sembra riservato a Maria Elena Boschi, che già avrebbe preso informazioni sulle formule di rito per chiedere la fiducia su questo o quel provvedimento.
Sul turbillon di nomi che si inseguono come possibili ministri dell'Economia circola un aneddoto. Quando Renzi è salito al Quirinale sembra abbia lasciato una lista con nove potenziali candidati: tutti quelli citati dai vari totoministri di questi giorni.
Soltanto domani sarà possibile conoscere la lista dei ministri. In quel momento, si capirà quanti sono i bracci di ferro vinti o persi dai vari candidati. Per esempio, se Mario Mauro rimarrà alla Difesa (come chiede) o se lascerà l'incarico a favore di Roberta Pinotti, attuale sottosegretario. Se Emma Bonino conserverà la Farnesina o se ci sarà l'upgrade di Lapo Pistelli; oppure, la sorpresa di Federica Mogherini. Ma, soprattutto, se Angelino Alfano rimarrà al Viminale o traslocherà anche lui tra le feluche, cedendo il posto a Dario Franceschini.
E per restare in casa Ncd, tra 24 ore si conoscerà la sorte di Maurizio Lupi. I renziani vorrebbero rimuoverlo dalle Infrastrutture. Anche se proprio il dicastero di Porta Pia è tra quelli garantiti agli alfaniani; insieme alla Salute per Beatrice Lorenzin. Secondo alcune voci, Renzi sarebbe disponibile ad affidare quattro dicasteri al Ncd, a condizione che non vengano ricoperti da chi siedeva nel governo Letta. Ed in lontananza si vede il profilo di Renato Schifani.
Per la Giustizia, dopo i nomi di Vietti e della Pomodoro, s'affaccia il nome di Nicola Gratteri, procuratore aggiunto al Tribunale di Reggio Calabria.
Scelta civica si accontenterebbe di piazzare Carlo Calenda al ripristinato ministero per il Commercio estero (ipotesi corroborata dopo l'incontro Renzi-Montezemolo) e conservare per la Borletti Buitoni il ruolo di sottosegretario ai Beni culturali. E l'ipotesi che Pietro Ichino vada al ministero del Lavoro.


Resta, nel frattempo, congelato il rinnovo dei vertici dei servizi segreti militari. L'attuale direttore dell'Aise, Adriano Santini, lascerà domani l'incarico. Verrà sostituto dal suo vice, dopo il fallimento del blitz tentato a favore di uno stretto collaboratore del ministro Mauro.

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