Il dibattito sulla riforma della legge elettorale va avanti, tutto in salita. Il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa assicura che l'accordo sarà raggiunto a breve, a Palazzo Madama: "Le distanze non sono lontane, sono convinto che il testo possa essere approvato". Udc, Pdl e Lega sono d’accordo sulle preferenze, anche se il Pd preferirebbe i collegi uninominali pur mantenendo il proporzionale. Poi c'è il discorso del premio di maggioranza: la commissione Affari costituzionali ha dato il via libera all'emendamento che fissa la soglia al 42,5%. Soglia che ha mandato su tutte le furie il Partito democratico che ha subito interrotto il dialogo. Il presidente del Consiglio Mario Monti ha comunque criticato i partiti che siedono in parlamento perché in forte ritardo coi lavori.
"L’individuazione di una soglia era cosa sacrosanta dopo i rilievi della Corte Costituzione", ha commentato a caldo il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini pur ammettendo che il testo della riforma è "migliorabile". A chi invece gli rinfacciava il blitz ordito dal Pdl e centristi per porre le basi al bis di Mario Monti a Palazzo Chigi, Casini ha subito stroncato ogni polemica: "Cosa centra questo?". A favore dell’emendamento di Francesco Rutelli, che fissa al 42,5% dei voti la soglia minima per accedere al premio di maggioranza, hanno votato (oltre al suo gruppo Api) anche la Lega, Udc, Mpa e Pdl. Contrari i democratici e l'Italia dei Valori. Durissima la reazione di Anna Finocchiaro, presidente dei senatori piddì per la quale questo è un voto che "compromette il lavoro in commissione ora ci rivedremo in Aula dove presenteremo un nostro emendamento". Per il Pd, insomma, la soglia fissata non consente "la formazione di un governo politico, coeso e credibile ma punta ad una situazione in cui nessuno vince e nessuno perde, magari con un presidente del Consiglio tecnico, che può far comodo sia al Pdl che alla Lega". Durissimo anche il segretario Pier Luigi Bersani che ha tuonato: "Evidentemente c’è qualcuno che per paura che governiamo noi vuole impedire la governabilità del Paese. Ma sul punto della governabilità noi non cederemo in nessun modo". Da qui la richiesta di modificare "profondamente" l'impianto della riforma: "Sul punto della governabilità noi non cederemo in nessuno modo". Una presa di posizione che non ha fatto piacere al leader dell'Udc Pierferdinando Casini che ha invitato i democrat a non fare sceneggiate: "Una soglia minima per il premio di maggioranza la chiede anche la Corte Costituzionale".
Intanto il Pd, a quanto si apprende, è intenzionato a presentare già in commissione un emendamento alla legge elettorale sul modello D’Alimonte. Il relatore, Enzo Bianco, dovrebbe infatti formalizzare una proposta di modifica per un "premietto" del 10% alla prima lista nel caso nessuno raggiunga la soglia del 42,5% necessaria a vincere il premio di maggioranza. L’emendamento verrà presentato in Aula e non già in commissione.
Questa mattina, durante la conferenza stampa a margine del vertice Asem di Vientiane, Monti ha spiegato che "tecnicamente" il governo potrebbe intervenire per modificare la legge elettorale, ma che è auspicabile che siano i partiti a cambiare l’attuale sistema di voto. Rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se sia ipotizzabile un provvedimento governativo per riformare la legge elettorale, il presidente del Consiglio non ha nascosto il proprio rammarico per il fatto che i partiti non siano finora riusciti a tradurre gli "stimoli" di Giorgio Napolitano in una nuova legge elettorale. Il presidente della Repubblica è, infatti, sempre più "determinato" a portare avanti la legislatura sull’agenda indicata l’ultima volta una settimana fa e lo ha ribadito ai leader dei partiti di maggioranza che da mercoledì scorso a ieri sono saliti al Quirinale. Dopo Pierferdinando Casini e Pierluigi Bersani, ieri è toccato al segretario del Pdl Angelino Alfano. Anche a lui ha ribadito la sua volontà di non anticipare la data del voto dato che governo e parlamento hanno ancora una fitta agenda di provvedimenti da varare e un’azione riformatrice ancora da compiere.
Il giro di colloqui viene definito al Colle una "ricognizione" per sondare i partiti e mettere in campo la sua moral suasion affinché la legislatura giunga a una "conclusione naturale". Napolitano ha, infatti, ripetuto (in privato) ai leader le stesse cose dette nel corso delle celebrazioni per i 150 anni della Corte dei Conti. E dunque che la legislatura avrà una fine naturale e che l’agenda è fitta di impegni - in primis la riforma elettorale. Al momento Napolitano ha verificato che esiste su questi temi "una chiara disponibilià", ma attende di verificare che "si traduca in scelte concrete in parlamento". Si verificherà, infatti, alle Camere la reale volontà dei partiti, al di là delle dichiarazioni ufficiali e riservate.
Per quanto riguarda la legge elettorale, il Senato ha ancora una settimana di tempo. E il capo dello Stato intende aspettare fino ad allora per muoversi in modo pubblico per non inteferire con l’iter legislativo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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