Letta frena sul rimpasto e si prepara per gli Esteri

RomaSembra sul punto di sgretolarsi il tentativo di rimpasto «minimale», accarezzato nelle ultime ore da Enrico Letta d'intesa con il Colle. Era già pronta la richiesta di dimissioni «spontanee» ad una serie di ministri. Le avrebbero dovuto presentare Emma Bonino, Anna Maria Cancellieri, Angelino Alfano (ricopre due incarichi) e Mario Mauro.
In tal modo, il presidente del Consiglio li avrebbe potuti sostituire in modo (più o meno) indolore e continuare a restare a Palazzo Chigi. E sfidare Matteo Renzi sui contenuti del nuovo programma di governo, prima della direzione Pd, anticipata al 13 febbraio e dedicata proprio all'attività dell'Esecutivo.
Ora, invece, la situazione si è capovolta. Alfano ha fatto sapere a Letta che non è disposto a sostenere l'operazione del rimpasto minimale. Quindi, nessuna fiducia al governo in caso di dimissioni «spostanee» da parte dei singoli ministri. «Non abbiamo fatto lo strappo con Berlusconi per “sposare” Letta, che non ha nemmeno il sostegno del suo partito», è il commento di un esponente di Ncd di prima fila. «O Letta cambia verso, ed in fretta, oppure è meglio Renzi».
Questi fatti nuovi indeboliscono la strategia messa a punto a Palazzo Chigi; al punto che inizia a circolare la voce di probabili dimissioni. Da qui, la violenta nota della Presidenza del Consiglio in difesa del Quirinale (primo sponsor di Letta), chiamato in causa per i contatti avuti già nell'estate del 2011 con Mario Monti (poi diventato premier a novembre di quell'anno). «Di fronte ad una situazione fuori controllo - scrive Letta - il Quirinale si attivò con efficacia e tempestività per salvare il paese ed evitare il baratro verso il quale lo stavano conducendo le scelte di coloro che in queste ore (Forza Italia, ndr) si scagliano contro il presidente Napolitano».
Letta arriva a definire «smemorati» chi ora critica il capo dello Stato. In quanto stanno tentando «di rovesciare ruoli e responsabilità in una crisi i cui contorno sono invece ben evidenti e chiari agli occhi dell'opinione pubblica italiana ed europea». Il problema è che la stessa ricostruzione dei fatti operata da Alan Friedman non compare solo sul Corriere della Sera. Ma anche sul Financial Times (quest'ultima versione - a dir la verità - un po' più incisiva). Così, quel che avvenne nell'estate del 2011 è stato commentato anche nella City ed a Wall Street.
A Palazzo Chigi si rendono conto del clima politico cambiato. Così, pur confermando le intenzione del premier di sfidare Renzi sui contenuti del programma dell'esecutivo, in realtà già s'ipotizza un governo Renzi. Così, qualche consigliere del presidente del Consiglio già si vede proiettato alla Farnesina, al seguito di Enrico Letta, quale nuovo ministro degli Esteri.
Pronti a traslocare anche gli uomini di Gianpiero D'Alia. Per il ministro della Funzione pubblica si aprirebbero le porte del ministero dell'Interno, dov'è già stato sottosegretario. Una soluzione del genere, però, presuppone un profondo riequilibrio nelle posizioni di governo destinate all'area centrista. Con la possibilità che Mauro venga trasferito dalla Difesa all'Istruzione. Incerta la sorte di Fabrizio Saccomanni, anche se all'Economia tutto sembra procedere come se nulla fosse. Si tratta di voci su possibili movimenti ministeriali, però, che risentono il clima dell'incertezza del momento.

Non è ancora chiaro, infatti, quanto Enrico Letta sia intenzionato a combattere la battaglia contro Renzi; o, se al contrario, abbia intenzione di gettare la spugna. Per il presidente del Consiglio vale la battuta di Stalin a Yalta: «quante divisioni armate ha il Papa». Quante ne sono rimaste ad Enrico Letta?

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