Letta ora diventa l'arbitro nella lite Pd-Pdl sulle tasse

In vista delle modifiche alla legge di Stabilità il premier convoca Saccomanni, Alfano e Franceschini

Letta ora diventa l'arbitro nella lite Pd-Pdl sulle tasse

Per descrivere il pranzo a Palazzo Chigi sulla legge di Stabilità tra Letta, Alfano, Saccomanni, Franceschini, Patroni Griffi ed i due vice ministri all'Economia, Casero e Fassina, lo staff di un commensale ricorre ad una commedia di Pirandello: Il gioco delle parti. Il vice premier e ministro dell'Interno parte all'attacco. E chiede segnali chiari in direzione di una riduzione della pressione fiscale. E non solo per ragioni di equità contributiva, ma pure perché l'argomento anti tasse coagula le diverse frange del Pdl.
Gli risponde duro il ministro per i Rapporti con il Parlamento. Per Franceschini le tensioni interne al Pdl sulla decadenza di Berlusconi non possono pesare sulla legge di Stabilità. E la leva fiscale non può essere utilizzata dal Pdl come collante interno: il rischio per i conti dello Stato - avrebbe motivato il ministro - sarebbe troppo elevato.

Il ministro dell'Economia annuisce. Ma sa benissimo (anche perché Enrico Letta ha più volte affrontato l'argomento) che la manovra dev'essere modificata in Parlamento. E deve recepire le diverse sensibilità che salgono dal Pdl; ma anche dal Pd. Guglielmo Epifani si fa vedere a Palazzo Chigi prima del pranzo. E con lui il premier completa il giro d'orizzonte che aveva iniziato l'altra sera, ricevendo le delegazioni di Scelta civica e del Pdl.
Anche il Pd vuole modificare la legge di Stabilità, ma non nella direzione che chiede Matteo Renzi. Insomma, Epifani non è andato da Letta a chiedergli la riforma delle normative sul lavoro (è pur sempre stato un segretario della Cgil). Bensì, interventi di equità fiscale, soprattutto per le fasce meno fortunate.

Saccomanni prende nota delle diverse istanze che Letta gli comunica. Ma non commenta. Si è fatto accompagnare dai «custodi» politici dei conti del ministero, i due vice ministri Casero e Fassina. Con un particolare. Il primo ha la delega sui temi fiscali: quindi, era legittimato ad essere presente. L'altro, che ha deleghe sulle società controllate dallo Stato, aveva minacciato le dimissioni perché non era stato coinvolto nelle decisioni che avevano preceduto l'elaborazione della legge di Stabilità. Così, per evitare nuovi «strappi», Letta ha chiesto a Saccomanni di averlo al pranzo. Il risultato dell'incontro è stato - appunto - un «gioco delle parti». Con ogni commensale che argomentava le proprie posizioni politiche, senza offrire soluzioni in grado di assicurare le coperture finanziarie.

Sarà compito del ministero dell'Economia garantirle: è stato il coro. E Saccomanni ha rivolto lo sguardo ai due vice ministri. Come a dire, sarà compito vostro individuare le coperture, ognuno per la propria parte politica.
Prende forma, quindi, una profonda riscrittura della legge di Stabilità: così come concordato tra Letta ed Alfano l'altra sera alla presenza dei capigruppo del Pdl di Camera e Senato. Ufficialmente, le modifiche verranno apportate dal Parlamento. In realtà, il via libera alle varie modifiche dovrà essere preventivamente autorizzato dal ministero dell'Economia. E dagli uomini che, seppure inquadrati nell'organico di Via Venti Settembre, in realtà mantengono un filo diretto con la Presidenza del Consiglio.
In questo «gioco delle parti» ottengono tutti visibilità. Compresi quelli che, in passato, s'erano visti il proprio ruolo ridimensionato.

E come segnale di distensione, Alfano ottiene che durante il pranzo venga messa a punto la nota del ministero dell'Economia che ricorda come nella legge di Stabilità non ci sia cenno della limitazione dell'uso del contante; soluzione che viene declassata ad auspicio di Saccomanni.

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