Letta pensa al bis per non farsi esodare

Superata l'idea del rimpasto, la maggioranza chiede un nuovo esecutivo. Anche a costo di dare spazio ai renziani

Letta pensa al bis per non farsi esodare

Roma - Il desiderio di spegnere la graticola renziana è diffuso. E l'intervista di Renato Schifani al Messaggero, in mattinata lo rende esplicito, sdoganando la parola «rimpasto» anche tra coloro che hanno sempre considerato come fumo negli occhi qualunque accenno a un rimescolamento di poltrone e a una sostituzione in corsa dei ministri in carica.
«È venuto il momento di un coinvolgimento di Renzi. Non si può stare in un governo dove il principale partito allo stesso tempo lo sostiene e gli fa opposizione. Renzi metta suoi uomini nell'esecutivo. Se questo cambiamento dovesse essere significativo, Letta dia vita a un suo secondo governo. Penso a un Letta bis». Angelino Alfano rilancia la richiesta: «Secondo me ci vuole anche più di un rimpasto: ci vuole un nuovo governo a guida Letta che abbia un reshuffling delle competenze dei ministri. Una vera nuova vita di un governo attraverso un nuovo governo». Quanti ministri cambiare, aggiunge Alfano, «lo stabilirà il presidente del Consiglio, con le forze che lo sostengono, con il segretario del suo partito, e in primo luogo con il presidente della Repubblica».
Lo spartito è chiaro e non viene suonato solo dalle parti del Nuovo centrodestra. È arrivato il momento che il sindaco di Firenze smetta di dare le carte dall'esterno e si sieda davvero al tavolo, lasciando le armi fuori dalla porta. Una sorta di clausola di salvaguardia per chi sulla durata di questo governo scommette la propria sopravvivenza e il proprio futuro politico e non può permettersi il rischio di tornare alle urne, bersaniani compresi. Un appello anti-logoramento che prevede conseguenze concrete, ovvero l'ingresso nel governo di esponenti vicini al segretario del Pd. E in particolare di membri dell'attuale direzione democratica che servirebbero da scudi umani contro il «bombardamento» del segretario. Il nome che viene fatto circolare è quello di Filippo Taddei, responsabile Economia del partito, al posto di Fabrizio Saccomanni nel dicastero di via XX Settembre. Ma, naturalmente, Renzi, salvo cambi di rotta clamorosi, non ha alcuna intenzione di fornire questo assist e subentrare in corsa in un governo non suo, senza mettere pienamente le mani sul timone.
Il cambio di rotta di lettiani e alfaniani equivale a una clamorosa inversione di marcia. Complice la prova di forza offerta da Matteo Renzi e Silvio Berlusconi sabato al Nazareno, lo schema è cambiato e «il rimpasto perché no?» è diventata la nuova, inedita parola d'ordine. Se da una parte, a livello di leadership politiche, cambia lo scenario dei pesi e contrappesi da applicare al governo Letta così da trasformarlo in un esecutivo «Letta-Renzi», tra le fila parlamentari iniziano le prime discussioni carbonare, sotterranee e trasversali tra senatori di tutti gli schieramenti tutt'altro che entusiasti all'idea di votare per la cancellazione della loro «dimora» politica. Per il momento i toni sono tra l'ironico e l'ammiccante. «I capponi non festeggiano il Natale, né tantomeno possono apparecchiare la tavola. Vediamo quello che viene davvero fuori dal testo. Approviamo la legge elettorale. Poi certo il governo può sempre inciampare su qualche provvedimento» suggerisce un senatore.

A Palazzo Madama c'è già chi scherza: «Dovremo costituire il Fas, Fronte antiabolizione Senato». Un acronimo che lascia capire che al di là dell'euforia del momento non sarà affatto facile convincere i senatori a votare la propria cancellazione.

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