Roma - «Silvio Berlusconi non ha mai parlato di un aumento dell'Iva. Nemmeno come clausola di salvaguardia». Gianfranco Polillo, sottosegretario all'Economia con il governo Monti e oggi consigliere economico di Renato Brunetta, non ha dubbi. Prende gli appunti e fa una ricostruzione dettagliata di come sono andati i fatti. Per riuscire a comprendere l'equivoco, bisogna risalire all'estate del 2011.
E chi la dimentica quell'estate...
«Credo prima della lettera della Bce, nel luglio del 2012 il governo vara una manovra per ridurre il deficit. Da un po' di tempo, al ministero dell'Economia, si è insediata una commissione chiamata ad elaborare la delega fiscale. La guida Vieri Ceriani, sottosegretario con me all'Economia con il governo Monti ed oggi consulente del ministro Saccomanni. Con quella delega fiscale, Giulio Tremonti vuole riordinare e ridurre una quota delle 145 voci di agevolazioni fiscali. Ed inserisce nel quadro tendenziale di finanza pubblica un taglio delle agevolazioni pari a 4 miliardi nel 2013 ed a 20 miliardi per il 2014. La delega fiscale non è stata ancora approvata. Ma quei risparmi sono iscritti in bilancio. E sono ancora lì».
Che successe all'epoca?
«Successe che, immaginando tempi lunghi per l'approvazione della delega fiscale, il governo Berlusconi si cautelò; ed inserì una cosiddetta clausola di salvaguardia. Questa clausola prevedeva che, qualora non fosse stato possibile risparmiare quelle risorse attraverso un taglio delle agevolazioni fiscali, un analogo risparmio doveva arrivare da - cito testualmente - interventi di riordino della spesa in materia sociale».
Quindi, tagli a fronte di altri tagli che, per un motivo o per un altro, non venivano introdotti. È così?
«Esatto».
E l'aumento dell'Iva come esce fuori?
«In un primo momento, non parla di Iva nemmeno il governo Monti. Sempre per coprire quei 4 miliardi per il 2013 e quei 20 del 2014 attesi dall'introduzione della delega fiscale, il governo Monti cambia la clausola di salvaguardia. Non viene più concentrata sui tagli alla spesa sociale, ma viene introdotta una formula in cui si parla di una rimodulazione delle aliquote delle imposte indirette, inclusa l'accisa; e si anticipa l'efficacia dell'intervento di un anno. In questo caso, si parla indirettamente di Iva quando si fa riferimento alle imposte indirette. La formula, però, viene giudicata poco incisiva a Bruxelles. Così, con il decreto Salva Italia il governo Monti ipotizza un aumento dell'Iva di 2 punti. Sarebbe dovuto scattare dal 1° ottobre 2012 al 31 dicembre 2013, ed un ulteriore aumento dello 0,5 a partire dal 2014. In questo modo, era possibile dare copertura alle poste già contabilizzate in bilancio, in sostituzione dei tagli alle agevolazioni fiscali, qualora il Parlamento non le avesse approvate in tempo».
Di approvazione della delega fiscale e di revisione delle agevolazione ancora se ne parla...
«Così come si parla di aumento dell'Iva...»
Ma perché oggi si parla di un punto di aumento dell'aliquota e non di due, come stabilì il governo Monti?
«Perché grazie alla spending review ed alla legge di stabilità del precedente governo fu possibile ridurre l'aumento dell'Iva da due ad un punto.
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