«Non me l'aspettavo». Niccolò Zanon, costituzionalista e membro laico al Csm, non nasconde il suo disagio: «Qualcosa nella scelta del presidente Napolitano, non torna».
Che cosa, professor Zanon?
«La creazione di questi due gruppi di studio non risolve il problema del governo e dunque non risponde al voto degli italiani. In un certo senso, e lo dico con rispetto per l'alta figura del Presidente, è come se gli italiani non fossero andati alle urne».
Napolitano ci ha provato.
«E infatti se questa è stata la sua scelta vuol dire che la situazione è anche peggio di come la conosciamo da fuori. Però siamo dentro una serie di paradossi. Abbiamo un governo, quello capeggiato da Mario Monti, che in teoria resta per la gestione dell'ordinaria amministrazione. Ma che cosa c'è di ordinario in una situazione che è straordinaria come la nostra? Può un governo uscente, senza investitura popolare e senza fiducia delle Camere, prendere decisioni straordinarie come, per esempio, il rinvio della Tares o la riduzione dell'Imu?».
Ma se non ci sono i numeri?
«Il quadro è difficile, difficilissimo, ci stiamo avvitando dentro una crisi sempre più grave. E il Quirinale è rimasto uno dei pochi punti fermi del Paese. Io credo che Napolitano senta di avere poco tempo a disposizione e dunque prova a svelenire il clima, nominando dieci saggi che uniscono esperienza politica e competenza tecnica».
L'obiettivo?
«Non sappiamo quale sarà il loro mandato, quando e come dovranno riferirgli, a quali domande dovranno rispondere. Però, per fare un esempio, Quaglariello e Violante hanno già lavorato insieme sul tema delle riforme istituzionali ed erano a un passo dall'accordo. Poi tutto è naufragato».
La Terza Repubblica nascerà dall'azione dei dieci saggi?
«Mi accontenterei di molto meno. Magari i dieci uomini del Presidente riusciranno a creare le condizioni per un'intesa sul nome del successore di Napolitano».
E si congela il voto degli italiani?
«In effetti, credevo che, esaurito il tentativo di Bersani, Napolitano avrebbe puntato su una figura di alta caratura per formare il cosiddetto governo del presidente».
C'è qualcosa di anomalo in questa procedura?
«Nei fatti i poteri del presidente della Repubblica si dilatano sempre di più. Qui discutiamo degli assetti istituzionali del Paese e siamo scavalcati dagli avvenimenti. Stiamo entrando dentro una repubblica presidenziale. Ma non dimentichiamo il contesto in cui ci muoviamo».
Le tre minoranze non sono d'accordo su nulla?
«C'è chi non vuole il governo politico, chi non accetta quello tecnico, chi non vuole né l'uno né l'altro. Il risultato è la paralisi, lo stallo, il blocco del sistema. Attenzione: qua rischiamo di ritrovarci dentro uno scenario sempre più cupo. Napolitano scade fra poche settimane. E poi? Credo che un nome, in un modo o nel'altro, uscirà fuori. Ma fra una votazione e l'altra c'è la probabilità che Monti resti ancora per un certo periodo e che gli italiani si ritrovino senza un governo legittimato dalla fiducia e senza un capo dello Stato».
Dunque?
«Dunque Napolitano le prova tutte per superare l'impasse.
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