L'Ue: intoccabili i giudici che sbagliano

RomaL'Italia protegge troppo i magistrati che sbagliano. È grave, per la Commissione Ue, che la norma sulla responsabilità civile delle toghe non sia stata ancora corretta, dopo la condanna del nostro Paese nel 2011 per questa ragione, da parte della Corte europea di giustizia.
E ora si apre una nuova procedura d'infrazione. Vuol dire, fanno sapere da Bruxelles, che «se entro i prossimi mesi l'Italia non si adeguerà alla prima sentenza della Corte sarà deferita nuovamente ai giudici europei; con il concreto rischio, questa volta, di dover pagare anche sanzioni pecuniarie».
Oggi la Commissione farà il primo passo, inviando una lettera di messa in mora. Arriva dal servizio giuridico della Commissione, che fa capo direttamente al gabinetto del presidente Josè Manuel Barroso. Il passo successivo sarà tra un paio di mesi l'invio di un parere motivato.
L'avvertimento, stavolta, non si può ignorare. La legge del 1988 sul risarcimento dei danni in casi di malagiustizia è rimasta da allora quasi inapplicata con appena 4 condanne, per la sua farraginosità (9 gradi di giudizio), che crea attorno ai magistrati che fanno errori, anche gravi, un muro di impunità.
L'ultimo tentativo di modificarla in Parlamento, quello del leghista Gianluca Pini appoggiato dal Pdl, è naufragato sotto il governo Monti. E oggi i radicali raccolgono le firme per un referendum che finalmente la corregga. Un bis di quello tradito del 1987, in cui oltre l'80 per cento dei votanti chiese di far pagare il giudice che sbaglia.
Due sono i punti che, secondo il governo Ue, impediscono che le toghe rispondano delle conseguenze della loro scorretta applicazione del diritto europeo (l'80 per cento delle norme nazionali deriva proprio da provvedimenti Ue).
Primo: la legge nazionale esclude in linea generale la responsabilità dei magistrati per i loro errori di interpretazione e valutazione. Secondo: lo Stato risponde solo quando sia dimostrato il dolo o la colpa grave. Un concetto che, per gli esperti Ue, la Cassazione ha interpretato in maniera troppo restrittiva, circoscrivendolo a sbagli che abbiano un carattere «manifestamente aberrante». Come dire che il magistrato che colpevolmente rovina la vita a qualcuno (emblematico il caso Tortora), non ne risponde mai di tasca sua né lo fa lo Stato al suo posto. E la storia del Csm ci dice che neppure l'interessato ha ripercussioni sulla carriera.
Il Pdl legge l'annuncio di Bruxelles come una sua vittoria. Il capogruppo al Senato Renato Schifani si augura che «l'importante monito europeo sia di stimolo» per la classe politica. E quello alla Camera Renato Brunetta sollecita il premier Enrico Letta ad avviare subito «le iniziative legislative per bloccare la procedura d'infrazione».
L'Anm teme che si arrivi alla responsabilità diretta delle toghe, che oggi hanno lo scudo dello Stato. Avverte il presidente Rodolfo Sabelli: «L'Europa ha parlato di responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario; non entra invece nella questione della responsabilità personale dei giudici perché è un problema di diritto interno, regolato diversamente nei vari Stati membri». È il parere anche della presidente della commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti (Pd).

«Nessun obbligo» in questo senso, assicura il vicepresidente del Csm Michele Vietti. Il laico Pdl, Niccolò Zanon, chiede di aprire una pratica sul tema. Gran parte dei consiglieri è favorevole, ma sarà il vertice a decidere. Ormai, la bomba è scoppiata.

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