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"La mafia è un cancro": il messaggio di Mattarella a 31 anni da Capaci

Il capo dello Stato ha voluto ricordare il sacrificio di Giovanni Falcone, della moglie e degli uomini della scorta nel primo anniversario della strage dopo la cattura di Messina Denaro

"La mafia è un cancro": il messaggio di Mattarella a 31 anni da Capaci

È il primo anniversario della strage di Capaci con anche l'ultimo superstite di quella stagione di delitti ormai nelle mani dello Stato. Con l'arresto di Matteo Messina Denaro, avvenuto lo scorso 16 gennaio, si è defintivamente chiusa un'era. Per questo le commemorazioni di oggi a Palermo hanno un significato diverso. Lo si intuisce anche dalle parole che il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha scritto in un discorso con il quale ha ricordato il sacrificio di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli uomini della scorta.

Le parole di Mattarella

Il presidente della Repubblica, nel suo messaggio, ha voluto in primo luogo ricordare la principale eredità lasciata dai giudici uccisi dalla mafia. "Magistrati come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino - si legge nella lettera - hanno demolito la presunzione mafiosa di un ordine parallelo, svelando ciò che la mafia è nella realtà: un cancro per la comunità civile, una organizzazione di criminali per nulla invincibile, priva di qualunque onore e dignità".

"L'azione di contrasto alle mafie va continuata - ha poi proseguito Mattarella - con impegno e sempre maggiore determinazione. Un insegnamento di Giovanni Falcone resta sempre con noi: la mafia può essere battuta ed è destinata a finire". Nel suo messaggio, il capo dello Stato ha voluto ricordare non solo chi è morto a Capaci il 23 maggio 1992, ma anche coloro che sono rimasti uccisi nella successiva strage di via D'Amelio, avvenuta poche settimane dopo.

"Il 23 maggio di trentuno anni fa - si legge nel messaggio del presidente della Repubblica - lo stragismo mafioso sferrò contro lo Stato democratico un nuovo attacco feroce e sanguinario. Con Giovanni Falcone persero la vita sua moglie Francesca Morvillo, magistrata di valore, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani, che lo tutelavano con impegno.Una strage, quella di Capaci, che proseguì, poche settimane dopo, con un altro devastante attentato, in via D'Amelio a Palermo, nel quale morì Paolo Borsellino, con Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina".

Nella seconda parte del discorso, Mattarella sembra voler ricordare, pur senza citare l'episodio, l'arresto di Messina Denaro. Si parla infatti della reazione avuta dallo Stato, delle azioni messe in campo negli anni successivi e che alla fine, pur a distanza di tempo, hanno assicurato tutti i protagonisti alla giustizia. "I criminali mafiosi pensavano di piegare le istituzioni - ha detto Mattarella - di rendere il popolo suddito di un infame potere. La Repubblica seppe reagire con rigore e giustizia".

Infine, un ultimo ricordo di chi è stato ucciso oramai 31 anni fa. "La mafia li ha uccisi - ha concluso il presidente della Repubblica - ma è sorta una mobilitazione delle coscienze, che ha attivato un forte senso di cittadinanza. Nelle istituzioni, nelle scuole, nella società civile, la lotta alle mafie e alla criminalità è divenuta condizione di civiltà, parte irrinunciabile di un'etica condivisa".

La triste stagione delle stragi

L'attentato di Capaci è quello che forse è più rimasto impresso nella memoria collettiva. Si tratta della prima di una serie di stragi mafiose che hanno caratterizzato i primi anni Novanta. Il 23 maggio 1992, all'altezza dello svincolo di Capaci lungo l'autostrada tra Palermo e l'aeroporto, un commando ha azionato un ordigno esplosivo nascosto dentro una delle canalette situate sotto l'asfalto. L'obiettivo era quello di far saltare in aria la strada al momento del passaggio di Giovanni Falcone, appena rientrato da Roma, e della sua scorta.

Falcone era il principale candidato alla guida della superprocura antimafia. A ordinare la strage, come rivelato dai pentiti e come accertato dagli inquirenti, è stato l'allora capo di cosa nostra Totò Riina. Quest'ultimo, a distanza di poche settimane dalla convalida delle sentenze del maxiprocesso, ha voluto lanciare un segnale di sfida a chi, all'interno delle istituzioni, stava mettendo in ginocchio la mafia siciliana. Il successivo 19 luglio, questa volta nel cuore di Palermo, è stato ucciso l'altro candidato alla guida della superprocura: Paolo Borsellino.

Due stragi che hanno quindi portato a una stagione di sangue senza precedenti. Una stagione voluta da Riina e dall'intero clan dei corleonesi, da circa un decennio oramai alla guida dell'organizzazione mafiosa. Riina è stato poi arrestato nel gennaio del 1993, ma la stagione delle stragi è stata portata avanti dai suoi successori. A partire dal cognato, Leoluca Bagarella (preso nel 1995), da Giovanni Brusca (preso poi nel 1996 e successivamente diventato collaboratore) e da Matteo Messina Denaro. Il braccio destro di Riina invece, ossia Bennardo Provenzano, ha preferito una diversa strategia, volta ad evitare scontri diretti con lo Stato.

Con la cattura di Messina Denaro, la cerchia dei corleonesi oggi è interamente abbattuta. L'unico latitante cercato a Palermo è adesso Giovanni Motisi. Ma di lui anche gli stessi "padrini" hanno poche tracce: fedele sì al clan della mafia dominante in quegli anni, a Motisi già nel 2002 è stata tolta la guida del "suo" mandamento di Pagliarelli e successive indagini hanno accertato che i boss palermitani a fatica riescono a mettersi in contatto con lui. Un'altra storia quindi, figlia forse di un'altra stagione all'interno dell'organizzazione.

Piantedosi presente a Palermo per le commemorazioni

Nel capoluogo siciliano, si è recato oggi il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi in rappresentanza del governo. Intervenuto in un evento organizzato a Palazzo Jung, nel cuore di Palermo, il capo del Viminale ha parlato dell'importanza di proseguire nell'azione di contrasto alla mafia. "La celebrazione di questa ricorrenza importantissima - ha dichiarato Piantedosi - mi piace non solo per l'onore di partecipare come ministro dell'Interno, ma è anche di un anno importante fatto di grandi risultati conseguiti nella lotta alla mafia e non mi riferisco soltanto a quelli di qualche mese fa. Il coordinamento della polizia giudiziaria è molto importante quindi più che esprimere il grande onore è il grande piacere di aver accolto l'invito della professoressa Falcone. Mi stavano descrivendo le condizioni di questo posto bellissimo".

"Ci incoraggia proseguire verso il futuro - ha proseguito il ministro - anche nel segno del

grande messaggio del grande insegnamento che ci hanno dato uomini importanti dello Stato come Falcone, Borsellino. La mafia è cambiata, con Matteo Messina Denaro la pagina del libro si è chiusa, ma si è anche girata".

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