Da anni la situazione è cambiata. Le pari opportunità non sono più soltanto la denominazione di un dicastero. Sono un dato di fatto. La popolazione universitaria è a maggioranza femminile. Nelle professioni, dalle più semplici a quelle un tempo dominio degli uomini, la parità numerica è stata raggiunta da un pezzo. Già. La parità. Quella dei generi da anni non è un concetto vuoto: è realtà. Di conseguenza, non si capisce per quale motivo marito e moglie debbano recitare nella commedia coniugale parti diverse.
D’accordo, la maternità non si può confondere con la paternità. Un maschio, per quanto di buona volontà, non riuscirà a partorire né ad allattare. Ma il presente non è un dibattito di ostetricia. Qui si tratta di prendere coscienza di un mutamento avvenuto in un trentennio. Oggi la norma è che marito e moglie abbiano gli stessi carichi: entrambi hanno un impiego e un impegno analoghi. La sera, quando rientrano nel loro alloggio, sono stanchi nella stessa misura. Sarebbe assurdo se lui si sprofondasse nel divano a leggere la Gazzetta dello Sport, mentre lei spignatta in cucina, rigoverna, controlla i compiti dei ragazzi, insomma fa un secondo lavoro.
So benissimo che, viceversa, questo succede spesso in molte famiglie. Ma è profondamente sbagliato imporre alla consorte una fatica supplementare che, per equità, va condivisa. Non comprenderlo significa considerare la sposa una schiava, non una persona con gli stessi diritti e gli stessi doveri dello sposo.
In altre epoche la maggioranza delle signore, non appena infilata la vera al dito, cessava di lavorare (in proprio o alle dipendenze di qualcuno) per dedicarsi ai figli e alle faccende domestiche. Altri costumi: l’uomo era tenuto ad assicurare sostentamento alla famiglia, e se ci riusciva egregiamente non aveva altre incombenze; e la regina del focolare si dannava per tutto il resto: prole, pranzo e cena, pulizie. Una situazione d’altro tipo era inimmaginabile per il 90 per cento degli italiani. Ma oggi non è più così, evidentemente. Per cui, se lei è avvocato e lui medico, o gli introiti della coppia sono tali da essere sufficienti per pagare una collaboratrice domestica, e magari una bambinaia, oppure, in mancanza di denaro, marito e moglie sono costretti a rimboccarsi le maniche e a darsi da fare alla stessa maniera. Ove così non fosse, scatterebbe immediatamente una bella causa di separazione. Difatti, si divorzia per corna o per iniqua distribuzione dei pesi relativi alla famiglia. Tertium non datur .
Si dice che i maschi abbiano scarse attitudini per stare ai fornelli, usare la lavatrice, cambiare i pannolini ai marmocchi, spolverare, sistemare i letti eccetera. Balle. Non esiste una vocazione per rassettare un appartamento: basta rassegnarsi a sbrigare certe faccende, che poi non richiedono una preparazione specialistica. È pur vero che varie donne, nelle fasi iniziali della convivenza, sono entusiaste di servire l’uomo prescelto, impedendogli di occuparsi di mestieri cosiddetti (erroneamente) donneschi. Ma, a lungo termine, il sovraccarico di lavoro le innervosisce; a un dato momento, esauste, si ribellano: e sono litigi. Perché lui, abituato alle comodità, non intende correggersi. E lei, convinta (non a torto) di essere sfruttata sia sul fronte professionale sia su quello domestico, scoppia. L’amore, destinato comunque a ridursi per consunzione, svapora completamente e cominciano le incomprensioni e i dolori, sempre più difficili da sopportare.
Non rendersi conto che nel terzo millennio la vita, anche quella a due, si è trasformata rispetto al passato, e che occorre adattarsi al nuovo, provoca disastri personali e familiari. Quanto alla maschiezza di idee (antiquate), ormai fanno pena coloro che non vi rinunciano. Non è solo un problema culturale e psicologico, ma anche di egoismo: chi non lo risolve è inidoneo al matrimonio. Che non è obbligatorio e non sempre consigliabile. Meglio single che malmaritati.
Probabilmente sarebbe opportuno che due fidanzati, prima di compiere il gran passo, al di là dei sogni e dei buoni propositi, si interrogassero circa la disponibilità effettiva ad aiutarsi secondo il principio della pietas , che non è solamente solidarietà, ma molto di più. Ogni sodalizio merita uno sforzo.
Se uno non se la sente di profonderlo, adotti un ripiego: ci vediamo, ci frequentiamo, ci amiamo, ma ciascuno a casa propria con la propria camera e il proprio bagno. Il resto vien da sé, anche l’esigenza di imparare a condurre un quartierino. E i figli? Non basta farli. Bisogna volerli e stargli appresso. Altrimenti è preferibile non metterli al mondo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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