La Minetti confessa: "Amavo Silvio"

L'ex consigliera regionale al processo Ruby bis: "Il mio è stato un sentimento vero per Berlusconi"

La Minetti confessa: "Amavo Silvio"

Milano - E alla fine nell'aula del processo Ruby fa irruzione Lui: l'Amore. Il grande assente di questi tre anni di rivelazioni e intercettazioni, di pornoinfermiere e di telefonate in Questura, di Berlusconi, di Boccassini e di Olgettine. Non si era mai parlato di amore, nei milioni di udienze passate davanti a due diversi tribunali. E ci voleva un bel coraggio a farlo adesso, a processi ormai finiti e requisitorie compiute. Chi potrebbe credere, d'altronde, che nelle «orge bacchiche» di Arcore ci fosse spazio anche per il re dei sentimenti, quello che muove il sole e l'altre stelle?

Ieri, nell'aula del processo Ruby 2 - che la vede accusata, nella ricostruzione dell'accusa, di essere stata prostituta e maitresse alla corte del Cavaliere - Nicole Minetti prende il coraggio a due mani e dice: lo amavo. Dichiarazione eclatante, perché - a voler sottilizzare - estranea al capo d'accusa: eppure in grado di conquistare la ribalta mediatica in pochi secondi, cannibalizzando le altre spiegazioni che Nicole Minetti ha dato ai giudici intorno ai reati di cui è davvero accusata. Ovvero di avere reclutato le fanciulle del bunga bunga, «le vergini da dare in pasto al Drago», come il procuratore aggiunto Piero Forno ha definito - citando Veronica Lario - le ospiti delle feste. Mai, in vita mia, ho invitato nessuno ad Arcore, dice in sostanza Nicole: né le mie coetanee, né tantomeno Ruby, che pure consideravo maggiorenne, e che conobbi proprio ad Arcore. E se l'ho conosciuta lì, dice in sostanza la Minetti, come posso venire accusata di avercela portata? «Spero che qualcuno un giorno riesca a spiegarmi cosa ho fatto di così straordinariamente terribile», dice alle tre donne del tribunale.

Di quanto e come Nicole abbia convinto i giudici, si capirà qualcosa solo il giorno di luglio in cui il tribunale pronuncerà la sentenza: sette anni di carcere la richiesta dei pm per lei, Lele Mora ed Emilio Fede. Ma intanto, e la Minetti non poteva non prevederlo, a trasformare il suo monologo in un evento mediatico è l'evocazione dell'Amore. La Minetti sapeva, verosimilmente, anche di sfidare l'incredulità e il dileggio: e infatti basta andare a vedere i commenti che la sua dichiarazione le procura, e che vanno dal sarcasmo all'insulto; nella scia d'altronde del «clima d'odio» da cui dice di sentirsi circondata, e che da anni la porta a venire maltrattata ovunque, dal ristorante a internet. E contro il quale ha chiesto - senza risultati, per ora - che sia la magistratura a indagare.
Della sua storia con Berlusconi, Nicole Minetti racconta ai giudici genesi e tramonto con più dovizia di dettagli che se fossimo sulle pagine di Chi. Parla del primo fugace incontro alla fiera del ciclo e motociclo, dove faceva la standista «per guadagnare qualche soldino» ai tempi dell'università; e poi di come Maristelle Polanco, conosciuta nel corpo di ballo di Colorado Cafè prese a raccontarle del Cavaliere, delle sue feste, della sua generosità. Fino al colpo di fulmine del febbraio 2009, nello scenario - a dire il vero poco romantico - del reparto di dermatologia del San Raffaele: con lui che inizia «un discreto corteggiamento» e lei che resta «affascinata dalla personalità e dal grande carisma» di lui. Andò a finire come era inevitabile. E «tengo a precisare proprio qui, una volta per tutte, che il mio è stato un sentimento d'amore vero nei confronti di Silvio Berlusconi».

Finì come tutti gli amori: forse anche, si intuisce tra le righe, perché lui non era fedelissimo. «La nostra relazione, che io ritenni sempre esclusiva, si concluse sul finire di quell'anno». Ma siamo rimasti sempre buoni amici.

E in quell'amore e nell'amicizia che gli è sopravvissuto vanno cercate, e non in sordide storie di corpi venduti e di concupiscenze, le ragioni dei tanti favori ricevuti da Berlusconi: non ultima la candidatura alle regionali, che col senno di poi la Minetti considera un errore che «non giustifica il feroce e inconsulto odio verso di me».

Nicole Minetti sa che a rendere ostico crederle ci sono anche e soprattutto le sue stesse parole intercettate, dove riservava al Cavaliere epiteti («culo flaccido») che nelle love story sono infrequenti.

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