Il ministro sfreccia contromano in città

Il ministro sfreccia contromano in città

MilanoL'arroganza di un'auto blu con due macchine di scorta. Paletta fuori dal finestrino e sirene spiegate per il ministro all'Integrazione Cécile Kyenge che ha percorso anche la strettissima via Terruggia contromano per arrivare a Villa Clerici, per un'iniziativa dedicata alla Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile. Un carosello che non è piaciuto agli abitanti del quartiere milanese di Niguarda e ai frequentatori del mercato rionale che l'hanno fischiata, urlando «vergogna, vergogna».
Arrivata al convegno, il ministro ha scaricato tutte le responsabilità sulla scorta. E cioè su quegli uomini che passano la giornata (e magari rischiano anche la vita) per proteggerla. «Le scelte riguardo alla sicurezza - se n'è lavata le mani - vengono fatte in base al programma e alla vita della persona. Quelle scelte non le fa la sottoscritta».
Irresistibilmente attratta da un'amministrazione che evidentemente sente amica come quella «rosso-arancione» del sindaco Giuliano Pisapia, il ministro Kyenge è tornata a Milano. Ma la città, evidentemente, non le porta fortuna. L'altra volta fu la madrina della cerimonia con cui il Comune consegnava una farlocca cittadinanza a duecento figli di immigrati. «Non abbiate paura del meticciato - disse consegnando l'inutile pergamena - la nostra ricchezza parte dalle tante culture che ci troviamo di fronte». E ricordò che solo a Milano i ragazzi in condizione di ricevere analogo riconoscimento sono 34mila. E un milione nel Paese. Peccato sui giornali finì perché nel cortile incontrando l'ex assessore e oggi capogruppo della Lega in Comune, Alessandro Morelli, che chiedeva di poterle stringere la mano, la ministra dell'Integrazione si rifiutò sdegnosa. E anche quella volta, colta in fallo, pensò bene di dare tutta la colpa alla scorta.
Un incidente chiuso ieri, dato che il destino ha voluto che la Kyenge e Morelli si incontrassero nuovamente sullo scalone di palazzo Marino che il ministro stava salendo per andare a incontrare il sindaco Pisapia e l'assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino (Pd). Che nel pomeriggio, come si legge in una velina del Comune, l'ha accompagnata nel «laboratorio di cittadinanza GLab». Uno spazio aperto a marzo con «quattro ragazze della Rete G2, italiane di seconda generazione che accolgono giovanissimi di origine straniera che vogliono informarsi o hanno problemi nel diventare a 18 anni, come prevede la legge vigente, italiani a tutti gli effetti». Da parte sua Pisapia ha ribadito «l'impegno comune perché vengano favorite politiche che aiutino l'integrazione e la coesione sociale». Un tema, spiega l'ufficio stampa, «sempre più attuale in una fase economica caratterizzata da una profonda crisi che rischia di alimentare conflitti sociali». Una politica che rischia di essere già vecchia, se perfino da Milano una comunità come quella cinese, tra regolari e irregolari, sta registrando oggi (ed è la prima volta) più partenze che arrivi.


Forse non c'entra, ma solo per non dimenticare, il quartiere di Niguarda dove la ministra ha sfrecciato in auto blu, è lo stesso dove un mese fa il ghanese irregolare Mada Kabobo ha vagato armato di piccone ha ammazzando tre persone: Daniele Carella, Ermanno Masini e Alessandro Carolè.

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