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Monti torna in Bocconi Ecco il club che vuole cambiare gli italiani

Il premier torna alla "sua" Bocconi: "Presto rientro da voi". Il super-ateneo milanese è il nuovo centro di potere. Meritocrazia e severità: gli stessi valori che il Prof cerca di instillare nel Paese

Monti torna in Bocconi Ecco il club che vuole cambiare gli italiani

Tutti in piedi, i bocconiani scattano assie­me ad applaudire quando il miglior pro­dotto del loro vivaio varca la soglia del­l’aula magna. Mario Monti a Palazzo Chigi è l’apoteosi dell’università che per anni visse gra­zie ai soldi di Roberto Calvi: il professor Luigi Guatri,vicepresidente dell’ateneo,lo ammette senza nascondersi. Ora i partner si chiamano Cariplo e IntesaSanPaolo, Eni ed Enel, Tele­com e Deutsche Bank; una cattedra è sponsoriz­zata da Carlo De Benedetti e la Banca centrale europea dell’altro Supermario (Draghi) finan­zia generosamente una «visiting professor­ship »assegnata quest’anno al professor Alber­to Alesina, che peraltro non risparmia critiche a Monti sul Corriere .

La cerimonia di inaugurazione dell’anno ac­cademico della Bocconi non esibisce la forza ma esprime il potere. Archiviato Calvi, sono lon­tani anche i tempi in cui il bocconian- paninaro era preso in giro a Drive In . Gli studenti sono og­gi rispettati come la classe dirigente di domani.

I docenti in toga ed ermellino li forgiano e al tem­po stesso si fanno carico dei disastri altrui. «Le grandi università indipendenti dal potere eco­nomico e politico- dice il rettore Guido Tabelli­ni nella relazione introduttiva - sono una riser­va d­i capitale umano a cui attingere nei momen­ti di difficoltà.

La Bocconi sta restituendo alla co­munità locale­e a tutto il Paese i frutti della gene­rosità passata di cui ha beneficiato ». Nelle paro­le di Tabellini c’è tutto lo «stile Bocconi», quel modo di intendere lo studio e il potere incarna­to in Mario Monti e che il premier vorrebbe tra­smettere quasi per osmosi a un’Italia che­lo ha già detto- deve cambiare radicalmente. Merito­crazia, selezione, severità, risparmio. Il rettore nomina con orgoglio i professori stabilitisi a Mi­lano da mezzo mondo per insegnare all’ateneo che oggi si misura con Mit, Harvard, Oxford, London School of Economics. Chi decide di an­darsene, sempre che non vada in pensione, la­scia la Bocconi «per la maggiore selettività nelle promozioni». Non si accontentano di reclutare il meglio, ma vogliono sempre tenerlo sul chi vi­ve. Gli studenti aumentano, ma i 110 e lode di­minuiscono perché in questo istituto di futuri premier non si smette mai di torchiare.«Chi co­pia all’esame- esemplifica Tabellini- sta in real­tà comp­ortandosi in modo profondamente sle­ale nei confronti di tutta la comunità bocconia­na, a cominciare dagli altri studenti». Sembra di sentire Monti che bastona gli evasori fiscali. La pietra di paragone - il «benchmark» per dirla come in via Sarfatti - non sono, natural­mente, le altre università italiane, ma i più pre­stigiosi templi mondiali del sapere economico e giuridico. Internazionalizzazione è la parola d’ordine: maggiori finanziamenti dall’estero, crescita delle pubblicazioni di docenti bocco­niani sulle riviste specializzate, riconoscimenti conquistati dall’Asia all’America, progetti di­dattici in India e altre nazioni in crescita.

A questo si aggiunge la garanzia per un bocco­niano di trovare lavoro in brevissimo tempo do­po la laurea, posti qualificatissimi, molti dei quali all’estero. Percentuali in crescita: nel 2008/09 la quota di studenti già occupati il gior­no della laurea era del 57 per cento ed è salita al 64 nel 2011. Il 94 per cento ha uno stipendio en­tro un anno. Secondo i «ranking» internaziona­li, la Bocconi negli ultimi anni non ha fatto altro che scalare posizioni su posizioni. Ma il potere della Bocconi non sta soltanto nei numeri. Do­po Tabellini, al microfono dell’aula magna è sa­li­to il professor Piergaetano Marchetti, docente emerito nonché presidente della Rcs, che è la società editrice del Corriere della Sera :e non c’è da aggiungere altro circa il legame tra l’ateneo e i giornali che contano. Tutto ciò è tenuto assie­me da un rigore calvinista. Monti cita il suo «augusto predecessore» Giovanni Spadolini, che fu contemporaneamente presidente della Boc­coni, senatore a vita e presidente del Consiglio. Monti no, lui si astiene da una poltrona delle tre: «Altri tempi e altri oneri nel guidare le istitu­zioni ».

E poi, tessendo l’elogio del collega Gua­­tri, ne mette in risalto due qualità umane: «La to­tale non interferenza nelle responsabilità altrui e la totale disponibilità a consigliare quando ri­chiesto ». Mescolate il tutto, shakerate, e avrete l’Italia del futuro targata Bocconi.

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