Napolitano critico: "Serve coraggio, non incoscienza"

Video-intervista al convegno dei giovani imprenditori di Confindustria. Il capo dello Stato lancia una stoccata a Squinzi: non cada in una facile retorica

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Roma - «Serve coraggio, non incoscienza». Il governo Letta vacilla, il capo dello Stato prova a blindarlo. Nel caldo ottobre romano soffiano venti gelidi sull'esecutivo, messo nel mirino sui contenuti della legge di Stabilità dalla sua stessa maggioranza. Un fuoco incrociato che coinvolge parte del Pdl, del Pd e di Scelta Civica con le eclatanti dimissioni di Mario Monti da leader del suo partito. Un combinato disposto che fa scattare l'intervento di Giorgio Napolitano e il suo richiamo alla responsabilità.
L'atteggiamento critico deve essere «sostenibilmente propositivo e consapevole di vincoli e condizionamenti oggettivi che non si possono aggirare», spiega, altrimenti «non sarebbe una prova di coraggio ma una prova di incoscienza». «Possiamo noi sottovalutare il fatto che l'Italia sia uscita dalla situazione in cui era di infrazione per deficit eccessivo, possiamo correre il rischio che ci ricaschi? Il governo dice di no e penso sia una giusta preoccupazione».
Napolitano accende i riflettori sul divario Nord-Sud «perché se l'Italia crescesse solo al Nord l'Italia non andrebbe troppo avanti». E parlando nel corso di una video-intervista ai giovani imprenditori di Confindustria prova a seminare ottimismo. «Abbiamo superato momenti molto più complessi e drammatici di questo attuale. Supereremo anche questo per ridare all'Italia quella capacità anche di sviluppo industriale e non solo economico. Il coraggio facile è quello del dire bisogna fare di più, non bisogna temere di fare di più. Tutto questo però è molto retorico e bisogna stare attenti a evitare che il coraggio troppo facile non significhi poi coraggio poco responsabile».
Se Napolitano prova a dispensare inviti alla concordia, la maggioranza somiglia sempre più a una polveriera. Il «caso Fassina», ad esempio, continua a preoccupare. E la sua minaccia di dimissioni non è ancora rientrata. Il viceministro dell'Economia lamenta la mancanza di collegialità nelle scelte e chiede maggiore ascolto per le istanze della sinistra Pd che chiede l'indicizzazione delle pensioni e fondi per i non autosufficienti. Sullo sfondo è facile leggere l'incedere della corsa congressuale rispetto alla quale la corrente dei «giovani turchi» vuole dire la sua, marcare identità e territorio. La questione, comunque, è delicata perché dovrà essere proprio Fassina a difendere la manovra in Parlamento e nelle commissioni economiche, facendo scudo contro il pressing dei sindacati. E il viceministro non ha digerito affatto l'esclusione dalle riunioni decisive con Letta, Alfano e Saccomanni (soprattutto con quest'ultimo i rapporti non sono certo dei migliori).
Naturalmente poi c'è il fronte caldo più evidente, quello del cantiere centrista, con l'asse Mauro-Casini che sta cercando di rendere sempre più forte il legame con gli alfaniani in vista di un rassemblement popolare da presentare alle prossime Europee. Un obiettivo non facile da raggiungere senza spaccare - come puntualmente avvenuto - un partito già di per sé a identità multipla e variabile come Scelta Civica. Infine il sismografo registra scosse telluriche anche nel Pdl, dove pure si registra qualche schiarita interna. Ma dal partito di Piazza San Lorenzo in Lucina c'è una precisa richiesta indirizzata al premier Letta e «firmata» dai due capigruppo, Renato Brunetta e Renato Schifani.

«Il presidente Letta aveva proposto fin dall'inizio del suo mandato l'istituzione di una cabina di regia con tutti i capigruppo di maggioranza, come motore politico-parlamentare dell'esecutivo. Negli ultimi tempi, tuttavia, la cabina di regia non ha funzionato. Deve essere riattivata fin da lunedì».

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