«Una giornata memorabile per tutti, e positiva e gratificante per l'Italia». Giorgio Napolitano prende carta e penna e in un intervento pubblicato su alcuni quotidiani commenta le celebrazioni per il D-Day in Normandia cui ha preso parte per la prima volta anche l'Italia. Il capo dello Stato sottolinea che il nostro Paese «non poteva mancare», «d'altronde, due giorni prima dello sbarco in Normandia, le forze alleate avevano liberato Roma, con il prezioso concorso della Resistenza che aveva operato nella capitale». Chiusa la parentesi storica, però, il presidente della Repubblica si inoltra sul terreno politico. E mette nero su bianco alcune sue convinzioni, scivolando su dichiarazioni non esattamente improntate a equidistanza politica, parole che assomigliano molto a una benedizione «renziana». «Ora c'è più fiducia nell'Italia», sostiene il presidente della Repubblica. «Unpredictable», imprevedibile. Così gli hanno detto Barack Obama e Angela Merkel, commentando i risultati delle Europee in Italia, paese per il quale coltivano ora una motivata «fiducia». Secondo Napolitano Obama e la Merkel considerano una «svolta positiva» le nuove prospettive che si sono aperte per l'Italia. «Ho colto echi di simpatia per il nostro nuovo, giovane presidente del Consiglio che entrambi avevano incontrato alla vigilia» dice Napolitano, il quale fa sapere di essersi dichiarato con il presidente Usa e la cancelliera tedesca «contento del fatto che a Roma si stia mettendo in campo una nuova generazione di uomini di governo».
Naturalmente questa nuova, presunta ondata di fiducia internazionale verso il nostro Paese non è facilmente percepibile, visto che gli investimenti stranieri sono calati del 58% e come fa notare, in risposta al Colle, Matteo Salvini, in base agli ultimi dati Istat i disoccupati sono saliti a 7 milioni. Senza dimenticare che la simpatia e il rispetto sono comunque rivolti verso i passeggeri in transito di Palazzo Chigi, approdati all'incarico attraverso genesi indiscutibilmente verticistiche. Manovre a cui, come raccontato da Alan Friedman nel suo Ammazziamo il gattopardo, il Colle non si è certo sottratto, retrodatando all'estate del 2011 la ricerca da parte del presidente della Repubblica della possibilità di conferire l'incarico di governo a Mario Monti al posto di Silvio Berlusconi, e assumendosi il ruolo di king maker delle sorti italiane piuttosto che di notaio e garante della Costituzione. Manovre di potere lette all'estero come ritualità di stampo rinascimentale oppure come fatto dal Financial Times, liquidate con spirito ironico-sprezzante, come un nuovo caso di italian job, di imbroglio all'italiana. Nella soddisfazione per il plauso internazionale qualcuno individua anche il consueto inciampo nel desiderio di legittimazione esterna, a discapito del sentimento di sovranità nazionale. Di certo la soddisfazione per il risultato renziano alle Europee è palpabile.
Una vittoria che il Colle in qualche modo rivendica anche come propria, avendo «Re Giorgio» offerto il via libera alla «staffetta» con Enrico Letta. E che evidentemente trasforma in peccato veniale l'annacquamento delle prerogative di terzietà del Quirinale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.