Milano - «L'esito delle elezioni del 24-25 febbraio sta diventando sempre più incerto» e «lo scenario più probabile è quello di nuove elezioni nel medio termine». Il futuro tratteggiato dal capo analista di Mediobanca Securities, Antonio Guglielmi, non ammette equivoci.
L'enunciazione parte da un dato di fatto: «Una vittoria in solitaria del Pd non è più nelle carte». Ne consegue che una «coalizione con i centristi di Monti è inevitabile ma forse potrebbe non essere sufficiente». La forte ripresa del Pdl di Silvio Berlusconi (un «recupero inaspettato, quasi una vittoria vista la base di partenza») e la forza relativa del Movimento 5 Stelle rendono ancor più deboli le prospettive di un governo Bersani-Monti. Perdendo la Lombardia, il centro e la sinistra dovrebbero allearsi con qualche altra formazione e, come insegna la storia politica italiana, «più ampia è la coalizione, più debole l'efficacia». Di qui la prospettiva di un governo di breve durata.
L'alternativa sarebbe un governo forte, ma - sottolinea Mediobanca Securities - al momento le due ipotesi più valide (vittoria del Pdl o di Grillo) potrebbero portare con sé un rialzo dello spread tra Btp e Bund. Sia ben chiaro, non si tratta di un endorsement filobersanianmontiano di Piazzetta Cuccia (che tra l'altro è partecipata da Fininvest con l'1%). Al contrario, è solo un'ipotesi: un'eventuale vittoria degli outsider potrebbe essere presa come pretesto dai mercati finanziari per speculare sui titoli di Stato. Infatti, c'è un altro spread che preoccupa ancor di più: quello tra i Bot e i Btp con vita residua uguale a quella dei Bot. In teoria, dovrebbero rendere lo stesso essendo uguali debitore e scadenza. Non è così: il Btp ultimamente rende il 50% in più del Bot equivalente perché il mercato inserisce tra i fattori di prezzo una eventuale ristrutturazione del debito italiano.
Considerato che per lo spread ha fatto più Draghi che Monti, questa, secondo Mediobanca Securities, potrebbe essere l'occasione buona per chiedere l'intervento del bazooka della Bce (l'Omt, l'acquisto di titoli sulle brevi scadenze) e difendere l'Italia.
Perché il vero problema, conclude Mediobanca, è la difficile (se non impossibile) coerenza tra i tagli alle tasse promessi dai partiti italiani (150-225 miliardi) e la dura realtà delle imposte destinate ad aumentare (l'Imu con la revisione degli estimi, l'Iva con lo scatto automatico delle aliquote). Il taglio dell'Irap, invece, seppur necessario è troppo costoso in quanto vale il 2,5% del pil. E realizzare queste riduzioni di imposta è improbo in un Paese «aggiogato» al Fiscal Compact europeo di Frau Merkel che, per riportare il debito/pil al 60%, imporrà 60 miliardi di manovre all'anno. E, soprattutto, con una spesa pubblica «bloccata» per il 60% tra pensioni, sanità e scuola. Meglio sarebbe ridurre i 2 miliardi di debito per «respirare», trovando un accordo bipartisan per coinvolgere la Cassa depositi e prestiti cedendole asset pubblici (425 miliardi di immobili, 100 miliardi di partecipazioni in società quotate).
Infine, va ricordato che Mediobanca Securities, separata dalla casa madre da rigide «muraglie cinesi», non è entrata a gamba tesa in politica. Ieri pure Credit Suisse e Morgan Stanley hanno diffuso le loro ricerche e profetizzato l'impasse postelettorale. Insomma, nella vittoria dello squadrone di Bersani credono solo gli aficionados.
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