«Casini andrà con la sinistra, ormai ha deciso». Sono settimane che, almeno in privato, Silvio Berlusconi non sembra nutrire alcun dubbio sul destino politico del leader dell’Udc. Tanto che nelle diverse occasioni in cui si trova ad affrontare l’argomento il Cavaliere lo fa en passant , come stesse dicendo la cosa più ovvia e scontata del mondo. Ragion per cui c’è da giurare che l’ex premier non si sarà per nulla stupito a leggere l’intervista sul Corriere della Sera in cui Pier Ferdinando Casini parla di «possibile alleanza con il Pd». Né la cosa avrà più di tanto «turbato» la sua tre giorni con Vladimir Putin a Sochi, sotto il sole del Mar Nero.
D’altra parte, lo schema su cui stanno puntando Pier Luigi Bersani e Casini il Cavaliere ce l’ha ben chiaro. Se - come sembra quasi certo - la nuova legge elettorale sarà proporzionale con premio di maggioranza al partito, l’obiettivo di Pd e Udc è infatti quello di correre da soli per poi ritrovarsi ad urne chiuse e dar vita ad un governo con Sel. Una soluzione che - nella testa dei protagonisti- dovrebbe portare Bersani a Palazzo Chigi e Casini al Quirinale (o magari alla presidenza del Senato).
Uno scenario che ovviamente non piace affatto al Pdl, tanto che è già qualche giorno che a via dell’Umiltà si punta il dito contro i centristi. Il primo è stato Mario Mauro, capodelegazione del Pdl al Parlamento europeo, che si è detto pronto a «formalizzare la richiesta di espulsione dell’Udc dal Ppe» nel caso davvero si alleasse con Sel. «Scriverò a Martens e Barroso e solleverò ufficialmente la questione»,spiegava Mauro. Un segnale del fatto che nel Pdl si preparano ad una vera e propria campagna contro Casini. Anche perché non c’è dubbio chelaviratadell’expresidentedellaCame-raversoVendolaeBersanihalasciatomol-toperplessoilsuoelettoratocheierisuiso-cialnetworkera catenatoemoltocriticoe orapotrebbemagariguardarealPdl.D’altra parte, fa notare Mariastella Gelmini, «la posizione di Casini è contraddittoria sia sul piano valoriale che sul fronte economico ». Sul primo perché si dice pronto ad allearsi con chi dice «sì» alle coppie di fatto (il Pd), sul secondo perché un asse con Bersani significherebbe necessariamente andare anche con Vendola, uno dei maggiori detrattori di quel Mario Monti che Casini elogia un giorno sì e l’altro pure. Non a caso Osvaldo Napoli parla di «confusione tattica » perché Casini non può sostenere che Monti dovrebbe restare anche dopo il 2013 e allo stesso tempo immaginare un esecutivo appoggiato anche da Sel.
Più che tattica (che sia o no «confusa»), Casini sembra essere preso da un eccesso di audacia. Il messaggio lanciato ieri nell’intervista al Corriere , spiega la Gelmini, equivale infatti a dire al proprio elettorato «voi votatemi che poi ci penso io a decidere che farci con i vostri voti e dove portarli ». Una cosa da «Prima Repubblica». Senza entrare nel merito delle mille contraddizioni che si porta dietro la difficile posizione da equilibrista del leader centrista. «Sul terreno del governo Monti e delle politiche economiche reali- dice Fabrizio Cicchitto - Sel e Udc hanno espresso posizioni opposte, con i primi che hanno contrastato tutte le scelte e Casini che le ha sposate in toto. Mentre il Pd alcune le ha accettate altre le ha subite». Un «equivoco politico e programmatico » che può avere «conseguenze devastanti sul nostro Paese ».D’altra parte, è plausibile pensare che un governo sostenuto da Pd, Udc e Sel avrebbe come interlocutore principale non tanto quell’Ue con cui ha interagito in questi mesi Monti quanto la Cgil, visto che è noto cosa pensi non solo Vendola ma anche un pezzo del Pd dell’agenda economica dettata da Bruxelles.
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