da Roma
C’è un’Italia fatta anche di donne immigrate chiuse in casa, di uomini con due mogli che hanno ottenuto la cittadinanza, di bambini che per anni chiedono l’elemosina al semaforo «senza che nessuno alzi un dito». Arabi che riconoscono soltanto la loro legge, donne incapaci di comprendere una parola della nostra lingua, fogli di soggiorno dati o rinnovati senza fare troppe distinzioni tra l’extracomunitario perbene e quello che delinque. Reati tollerati e indifferenza delle istituzioni: questo racconta Souad Sbai, presidentessa dell’associazione donne marocchine in Italia e deputata neoeletta con il Pdl. Immigrata da 27 anni porta con sè la sua storia ma dice quello che non ti aspetti: «Calderoli è stato eletto dal popolo e dunque il figlio di Gheddafi lo deve rispettare»; i leghisti sono meglio di Veltroni perché le cose «almeno le dicono ad alta voce»; «i miei figli di 21 e 17 anni non li faccio uscire la sera tardi a Roma perché ho paura».
C’è un’idea che lei, marocchina del centrodestra, si è tenuta in serbo per i primi giorni di legislatura: il permesso di soggiorno a punti. Il presupposto è di buonsenso: il foglio della regolarizzazione deve esser meritato da persone che «rispettano la legge italiana». Se delinqui il permesso «te lo scordi». Perché quel pezzo di carta che consente di lasciare il proprio Paese e trovare ospitalità in un altro non dev’essere una pratica nata dall’automatismo, ma un traguardo conquistato con il rispetto. E quindi: ogni reato, un punto di penalità. E anche più d’uno, se si tratta di reato grave. Per rinnovare il permesso, avere la carta di soggiorno e persino ottenere la cittadinanza, l’immigrato deve avere la fedina penale pulita. «Come la patente a punti, se passi con il rosso vieni punito», semplifica la Sbai. Ogni denuncia è un’eredità negativa, che dev’essere segnalata sul foglio di regolarizzazione temporanea: «L’immigrato che spaccia, che ruba - spiega Sbai - accumula punti. Bisognerebbe fare una lista dei reati e porre un tetto di punti oltre il quale si perde ogni possibilità di restare in Italia. Che so, quattro punti. Per individuare l’onesto e il non onesto. L’onesto avrà anche un permesso di soggiorno di colore differente, per esempio bianco, da chi invece ha accumulato denunce-punti». Perché anche le forze dell’ordine in questo modo quando fermano qualcuno «sapranno subito con chi hanno a che fare».
L’idea è tutta da mettere per iscritto per un’eventuale proposta di legge, «spero di parlarne con altri», precisa Souad Sbai, matricola alla Camera e che sogna «un dipartimento per l’immigrazione»: altrimenti succederà come durante lo scorso governo: «Cinque ministeri che si occupavano di immigrazione ma nessuno se ne interessava davvero, con spreco di soldi». E con rallentamenti in questi due anni: «Ci sono immigrati che da quando è andato via il governo Berlusconi attendono il permesso, hanno soltanto una ricevuta. Ultimamente tutto si è rallentato e il decreto flussi è stato un disastro: com’è possibile chiamare gente da fuori quando gli irregolari in Italia sono 500mila?».
Per non parlare dei mancati controlli. Sbai racconta di una donna italiana che un mese fa ha scoperto che il marito aveva un’altra moglie in Italia. Anche in Marocco chi è poligamico ora «ha problemi grossi, invece in Italia sembra che tutto si possa fare».
L’errore a Roma è stato per esempio mantenere campi nomadi per mesi e anni: «Devono pagare luce e tasse come tutti i cittadini, altrimenti se ne devono andare». E invece questo «menefreghismo» di lasciare le cose come stanno, questo «assistere» all’infinito, «crea razzismo e crea paura: anche gli immigrati onesti hanno paura».
Ma l’orrore a Roma sono anche «i bambini che chiedono l’elemosina. Come mai il signor Veltroni non li ha visti? O forse gli fanno pena solo i bambini lontani, dell’Africa». Souad Sbai quando parla di bambini accattoni s’infiamma: «Non è da Paese civile lasciare i bambini così. Vanno assegnati subito a una famiglia e chi sfrutta i ragazzini va messo in galera». E tra le proposte su cui occorre lavorare alla Camera c’è anche quella su pene più dure per chi fa violenza alle donne: «Non è possibile che la donna massacrata e stuprata sia in ospedale e il suo carnefice giri liberamente.
In Parlamento con la Lega a suo avviso si potrà dialogare: «Quelli che alzano la voce non mi fanno paura - dice Souad Sbai - Ho paura dell’indifferenza. O di chi parla a bassa voce, e sono in tanti...».
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