Professor Giuseppe Di Taranto, lei è un economista e docente - tra l'altro -di Storia della finanza e dei sistemi finanziari.
Come valuta il percorso intrapreso dal vaticano in materia di trasparenza finanziaria?
«Si sta facendo uno sforzo ampio e penso sia uno sforzo sincero. Da circa due anni il Vaticano sta cercando di entrare nella white list dell'Ocse. Bisogna capire perché questa azione per essere inseriti tra i virtuosi dal punto di vista finanziario e antiriciclaggio».
Qual è la posizione dello Ior?
«Bisogna chiarire alcune cose: perché Gotti Tedeschi è stato dimissionato, perché lo è stato e non è chiaro; l'accelerazione sulla nomina del nuovo presidente prima che il Papa lasciasse; se siano transitati capitali relativi alla cessione di Antonveneta da parte del Banco di Santander».
Cosa pensa delle nuove nomine del direttore dello Ior tedesco? «Fanno parte di questa lettura. Non dimentichiamo l'importanza della Germania in Europa grazie all'Unione monetaria. Lo Stato della Città del Vaticano non ha moneta propria, adotta l'euro senza essere nell'Ue e nell'Unione monetaria europea: questo gli permette maggior indipendenza anche come politica monetaria e di antiriciclaggio: è sempre la stessa moneta. E per l'adozione dell'euro fu garantito dall'Italia e dalla Banca d'Italia».
Con cui i rapporti sono tesi dopo l'episodio del blocco dei pagamenti elettronici...
«La questione è di carattere burocratico. Era dovere della Banca d'Italia farlo. Certo, ora i rapporti sono maggiormente controllati da entrambe le parti, anche perché il Vaticano è stato soggetto a molti scandali nell'ultimo anno».
Quali sono le sfide economiche per il nuovo Pontefice?
«Sotto il profilo morale ed etico rimettere l'uomo al centro della quotidianità. Poi far sì che effettivamente i sacerdoti dedichino la loro opera al popolo e avvicinino le persone alla religione. Certi scandali, anche economici, allontanano la gente.
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