Quei figli delle star morti per "overdose" di genitori famosi

Peaches Geldof, secondogenita del cantante Bob, trovata senza vita nella sua casa Come gli eredi di Brando e Newman. Tra esistenze «dorate», sfortune e tante depressioni  

Quei figli delle star morti per "overdose" di genitori famosi

Ci sono morti fulminanti, di quelle che ti stordiscono peggio di certi assolo di batteria. La rockstar irlandese Bob Geldof ha dovuto subire il brano più doloroso della sua vita: la morte della figlia Peaches, a soli 25 anni. La ragazza è stata trovata morta nella sua casa nel Kent: troppo frammentarie le notizie giunte finora dall'Inghilterra, impossibile stabilire per ora le cause della morte. Peaches era una ragazza vivace: modella, conduttrice tv, giornalista. Si era già sposata due volte e aveva avuto due figli. I rotocalchi inglesi la inseguivano, ne scrutavano l'insieme, ne captavano l'interesse. Tutto scomparso, liquefatto, svanito. In una nuvola di dolore.
Bob Geldof ieri l'ha usata, la parola «dolore». Il termine più semplice, diretto ed essenziale per rimpiangere la figlia: «Era la più selvaggia, la più divertente, la più intelligente e la più spiritosa e la più matta di tutti noi. Scrivere “era” mi distrugge. Era una bambina bellissima. Come è sopportabile il fatto di non poterla più vedere?», si legge in una nota dell'ex cantante dei Boomtown Rats, famoso per essere l'organizzatore di numerosi concerti benefici (tra cui il Live Aid del 1985 e il Live 8 del 2005).
Domenica, proprio il giorno prima di morire, Peaches aveva pubblicato una foto di sé, da piccola, con la madre, Paula Yates, morta nel 2000 per overdose da eroina. Una semplice scritta, quasi un epitaffio: «Io e mia madre». Una foto da brividi, al pensiero di averla raggiunta così presto. Della morte della madre, Peaches ricordava: «Quando successe, non provai dolore, perché mio padre voleva che facessimo finta di nulla. Intorno ai 16 anni ho iniziato a soffrire davvero».
Sarà una maledizione, sarà il fatto di avere al fianco genitori troppo ingombranti. È come se all'ombra di luci e paillettes si respirasse il male di vivere, il complesso di dover essere come mamma e papà, e non riuscirci. Come Scott Newman, figlio del grande attore Paul. Scott voleva, forse doveva fare l'attore. Era apparso sul grande schermo in compagnia del padre, ma a 28 anni morì di overdose: se ne andò in un batter di ciglia, entrato e uscito dalla vita in silenzio, all'ombra del padre, provando a fare quello che faceva lui, senza successo. Il padre, scosso, decise di aprire un centro contro le droghe.
Un altro grande attore statunitense, Marlon Brando, vide morire la figlia Cheyenne a 25 anni. La sua era stata una vita all'insegna di droghe, fumo, alcol: Cheyenne aveva cominciato da subito, a soli 16 anni, a farne regolarmente (ed eccessivamente) uso. Rimase incinta, ma le fu tolta la custodia del bambino perché affetta da disturbi mentali: la strada verso l'inferno finì in quel momento, con il conseguente suicidio.
Sono numerosi i casi di figli di personaggi famosi divorati da morti precoci, inaspettate, terribilmente assurde. Due anni fa morì Sage Moonblood Stallone, figlio di Sylvester: un arresto cardiaco a soli 36 anni, nessun eccesso di droga o altre sostanze psicotrope, certificò l'autopsia. John Travolta nel 2009 dovette dire addio a Jett, che a 16 anni fu portato via da un attacco epilettico, mentre Guillaume Depardieu venne sopraffatto da una tragica polmonite fulminante.

E poi ancora la morte di Connor, figlio di Lory Del Santo e Eric Clapton, a soli 4 anni, quando precipitò da un grattacielo a New York. O la figlia di Jean Louis Trintignant, Marie, che fu massacrata di botte dal compagno. Attimi di vuoto, di silenzio, di sofferenza. Che nessun film o nessuna canzone potranno mai rendere davvero.

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