diD i fronte alla drammatica crisi dello Stato italiano e al malessere profondo della nostra società, le persone di buon senso collegano la sorprendente affermazione di posizioni di pura e sterile protesta come quelle di Beppe Grillo al commissariamento della politica italiana da parte di un articolato sistema di influenze straniere. Chi invece per pigrizia mentale o interessi di bottega, ripiega nei più banali sensi comuni, propone rimedi con la logica di «buttar via il termometro quando scoppia la febbre». Così l'idea che si sta diffondendo nel nostro estenuato establishment e nelle più ampie nomenklature: mettiamo insieme i moderati di destra e di sinistra contro i populisti dei rispettivi schieramenti. Ideona! Chissà perché è l'esatto contrario di quel che avviene in tutte le altre grandi nazioni: perché l'ultraeuropeista François Hollande mette l'euroscettico Laurent Fabius a ministro degli Esteri? Perché la zarina del Vecchio Continente Angela Merkel si tiene ben stretti i suoi bavaresi che tornerebbero al marco in un battibaleno? Perché il conservatore David Cameron ben poco entusiasta di Bruxelles è alleato con liberali grandi sostenitori della Ue? Perché un uomo con forti legami con l'establishment come Mitt Romney sposa l'idolo dei tea party Paul Ryan? Perché il movimentista e statalista Barack Obama è sorretto dal liberale e centrista Bill Clinton? La verità è che le grandi nazioni con i loro corrispettivi solidi Stati si arricchiscono delle differenze e poggiano la loro capacità di essere autonomi dall'includere la società con le sue idee, le sue stratificazioni, le sue culture. Accentuare le divisioni regionali, religiose, politiche è stata sempre la tattica per dividere e controllare quegli Stati che non sanno unirsi nelle loro differenze. Con tutto il rispetto che abbiamo per i nostri grandi del Risorgimento, è questa molta parte della nostra storia. Uno Stato con basi insufficienti, che con il trasformismo (l'unità ottocentesca tra moderati di destra e di sinistra) protesse un potere statuale ed economico troppo asfittici, che contrastò Giovanni Giolitti (lo statista che voleva portare i «neri» sturziani e i «rossi» turatiani - i populisti dell'epoca - al governo) così preparando le tragedie del Novecento e le varie subordinazioni alle influenze straniere (da quelle provvidenziali francesi e inglesi gestite da Camillo Benso di Cavour, a quella di Parigi che ci porta nell'insensata Prima guerra mondiale, a quella del Reich anni Trenta, a quella ugualmente provvidenziale degli americani ma che ci lascia uno Stato debole alla fine della Guerra fredda). Ecco perché c'è da augurarsi che un certo pensiero banale sia contenuto, e sia possibile organizzare (a partire da primarie del Pdl vivaci, ricche di posizioni diverse ispirate dal reciproco rispetto) nel centrodestra (ma anche nel centrosinistra) una sintesi tra posizioni moderate e populiste: lasciando all'elettorato il compito di bocciare quelle forze che sbagliano nel dosaggio tra le diverse influenze.
Ma mettendo le basi per uno Stato che non sia più sottoposto a esagerate influenze straniere né ad assetti asfittici di potere determinati dalla scarsa partecipazione di tutta la società alla gestione della cosa pubblica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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