Quelli che contano in Italia? Vecchi e inamovibili

L’indagine di Eurispes e “Who’s Who in Italy” disegna l’identikit dell’uomo di potere: lo stesso, o peggio, di vent’anni fa

È vecchio, maschio, lavora in politica e gioca a tennis. È l’identikit dell’uomo di potere secondo la recente ricerca realizzata da Eurispes in collaborazione con “Who’s Who in Italy”, analizzando i dati di 5.560 persone “che contano” nel nostro Paese. La classe dirigente italiana, se confrontata con quella del 1992, ha un profilo scoraggiante. Non si rinnova, è all’insegna della gerontocrazia: quattro potenti su cinque (il 79,5%) ha più di cinquant’anni. I giovani under 35 sono solo il 3 per cento, praticamente tagliati fuori dai circuiti decisionali, e di questi il 71 per cento è costituito da sportivi. Non solo.

Il potere italiano è invecchiato, insieme ai potenti. La ricerca più che descrivere il cambiamento, prende atto del non-cambiamento: dopo vent’anni, sottolinea il presidente Eurispes Gian Maria Fara, “il quadro non è quello di una transizione incompiuta, ma di una transizione che non c’è mai stata e, semmai, di un aggravamento di molti dei problemi già presenti nei primi anni Novanta. È piuttosto desolante il ritratto della nostra classe dirigente, che appare sempre più incentrata su se stessa, volta all’auto-preservazione, chiusa all’innovazione e quanto mai durevole nel tempo”. Insomma: “Molti di coloro che all’inizio degli anni Novanta assurgevano a ruoli di potere si ritrovano, oggi, ben radicati nella propria posizione e poco disposti all’innovazione e al ricambio generazionale”.

Altro che rottamare... Vediamo i dati. Gli uomini rappresentano ben l’85 per cento della classe dirigente, contro un esiguo 15 per cento di donne. Il potere al femminile rimane un’eccezione, anche se dal 1992 il numero di donne in posti che contano è raddoppiato, vent’anni fa infatti erano il 7,8 per cento. In otto casi su dieci l’élite al potere ha più di 50 anni, in particolare gli over 65 sono il 39,3 per cento (vent’anni fa erano meno, il 25,2%). Peggio: rispetto al ’92 la quota di rappresentanti della classe dirigente con meno di 50 anni è calata, da uno su quattro a uno su cinque. Con la magra consolazione che nel campione più giovane le donne sono più degli uomini.

La classe dirigente risiede per lo più al Centro (53,4%), un po’ meno al Nord(41,3%) e in piccola parte al Sud (3,7%). I dati non sono troppo positivi neppure per quanto riguarda la possibilità di conciliare ruoli di responsabilità e vita familiare. Il 46,1 per cento delle persone di potere è sposato, tra le donne però solo un terzo, e oltre la metà del campione d’indagine ha dichiarato di non avere figli. L’83,3 per cento dei potenti è laureato (nel 1992 erano il 66,1%), i diplomati sono il 16,7 per cento. L’elevato livello di istruzione è dovuto alla forte presenza di politici, manager e professori, anche se c’è un significativo 27,1 per cento di non laureati in politica. La “young power élite”, cioè la fetta giovane di quelli che contano, è costituita soprattutto da sportivi e operatori dello spettacolo.

Il principale campo di attività della classe dirigente è la politica. In questo settore lavora un quarto del campione, al secondo posto c’è la cultura (22,4%), al terzo il settore economico (19,2%). Quasi tutti gli uomini e le donne di potere infine hanno un hobby o fanno sport.

Più della metà (il 56,8%) ha un passatempo di tipo dinamico, come sport, viaggi, attività manuali, mentre il 43,2 per cento ha un hobby sedentario, come musica o lettura. Lo sport è il passatempo più diffuso tra i potenti italiani, lo pratica il 40,8 per cento, e in particolare il tennis (19,4%), il calcio (18%), e lo sci (16,3%).

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